Le recensioni di Bruno Elpis
I dolori del giovane Werther di Johann Wolfgang Goethe (qlibri)
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Prestami le pistole
Il temperamento artistico e passionale di Werther si staglia sulla normalità di Albert, amico e rivale: a lui è andata in sposa la bella Charlotte, conosciuta nell’occasione di un ballo nel pittoresco villaggio di Wahlheim (“Non mi ero mai sentito così leggero, alato”).
La passione monta, alimentata dalla frequentazione della persona amata (“I bambini mi sono affezionati”) ed è contrappuntata dagli spettacoli di una natura che nei chiari di luna e nelle tempeste enfatizza l’infuriare della passione.
Nelle letture del giovane colto, Omero viene ben presto sostituito da Ossian, più idoneo a corrispondere a “I dolori del giovane Werther” dipinti dall’arte pre-romantica di Johann Wolfgang Goethe.
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Solitude Creek di Jeffery Deaver (i-libri)
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Il Solitude Creek di Jeffery Deaver è un locale affollato ove si esibisce una rock band. Durante il concerto, l’odore di fumo, presagio d’incendio, diffonde il panico tra i presenti. La calca si trasforma in tragedia. Gli inquirenti ben presto ravvisano indizi che dimostrano l’origine dolosa della strage. Difficile comprendere quali possano essere le motivazioni di chi l’ha causata.
Si occupa del caso Kathryn Dance, “esperta di cinesica (linguaggio del corpo)”. Ma se ne occupa con una penalizzazione (“Quindi sono sospesa. Dalla Criminal Division”), in quanto ha fallito e compromesso la cattura di un malavitoso. Per questo viene privata dell’arma di ordinanza e retrocessa in un pool non armato (“Civ-Div: sì, il riferimento era sprezzante quanto sembrava”).
Il folle che semina il panico prima al Solitude Creek, poi durante il reading di uno scrittore, nel Parco Global Adventure World e nell’ascensore di un ospedale, sembra attratto dall’idea di innescare i meccanismi irrazionali (“Preferisce che si uccidano da sole”) che portano alla strage (“Insieme, tutte quelle persone erano diventate qualcos’altro”).
Cuccioli di Maurizio De Giovanni (i-libri)
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In questo nuovo episodio si occupano di “Cuccioli” i bastardi di Pizzofalcone, il manipolo di detective del commissariato creato dalla fantasia di Maurizio De Giovanni.
Il pool che agisce sotto la guida di Luigi Palma è composto da Giorgio Pisanelli (il presidente), Giuseppe Lojacono (il cinese), Francesco Romano (Hulk) Ottavia Calabrese (la mammina) Alessandra Di Nardo (Calamity) e Marco Aragona (Serpico): tutti con tanto di nomignolo, tutti accomunati dall’essere incompleti e attanagliati da un problema personale (“Tutti disancorati, tutti alla deriva. Poi ci ritroviamo insieme in questo commissariato e ci sentiamo di nuovo vivi e attivi, perfino bravi”), tutti caratterizzati con formule che – a metà strada tra il tormentone e il ritratto psicologico – accompagnano il lettore attraverso la vicenda poliziesca nella quale il drappello di “maltrainsema” (termine milanese impropriamente applicato all’ambientazione napoletana del romanzo) deve riaffermare il proprio diritto a sopravvivere come entità.
Il futuro di una volta di Serena Dandini (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
Per Serena Dandini “Il futuro di una volta” deve fare i conti con un presente nel quale la vita è profondamente mutata nei meccanismi e nel sentire comune (“Sarebbero tutti scesi in piazza, precari compresi, per difendere la libertà di twittare e taggare, l’unico diritto inalienabile per cui valeva ancora la pena di combattere”).
Interpreti di questa relazione problematica tra modo d’essere e realtà sono alcuni amici, che hanno ormai passato la soglia dei sessant’anni: “Chi erano questi anziani con lo sguardo da bambini che avevano sorvolato i decenni con la leggerezza di aquiloni colorati? Avevano coltivato marijuana in giardino, si erano ritirati come eremiti in montagna o gestivano una trattoria a chilometro zero ma lontana mille chilometri dal paese più vicino…”
Vivono di ricordi (su tutti, i giorni trascorsi sulle spiagge di Goa), di musiche (“Let it be, l’inevitabile inno”), di pratiche borderline (il “funerale di un cane che si è suicidato”) per prolungare i sogni di un passato ormai irrimediabilmente inattuale (“Tutti avevano amato tutti e avevano fatto soffrire tutti e adesso era il tempo della pace universale”).
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