Le recensioni di Bruno Elpis
Io sono Dio di Giorgio Faletti (qlibri)
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Credersi Dio
Nella concezione monoteistica ebraico-cattolica – ammesso che si possa stabilire una gerarchia nella gravità dei peccati – da sempre il peccato di superbia, ritenersi Dio, è considerato il peggiore: nella cosmogonia dantesca costituisce l’insubordinazione di Lucifero che viene precipitato all’inferno, nella Genesi rappresenta il peccato originale e la causa della cacciata dell’uomo dall’Eden, nel decalogo delle tavole “Non avrai altro Dio all’infuori di me” è il primissimo dei comandamenti.
Anche pensando a questa tradizione, il titolo del romanzo di Faletti, se non blasfemo, è almeno da brivido. L’eresia pervade un romanzo ove il lettore ha la chiara percezione che qualcosa di tremendo stia accadendo in una New York devastata dalle esplosioni.
Mentre il killer recita la sua vaneggiante litania: “Io sono Dio”, proclama nel confessionale l’assassino stragista dinnanzi a uno sbalordito sacerdote.
“Ti prego lasciati odiare” di Anna Premoli, romanzo vincitore del premio Bancarella 2013 (Malgradopoi)
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Il riconoscimento a un romanzo che, in tutta semplicità, celebra una storia d’amore fa riflettere.
Che sia desiderio di fiaba, voglia di romance o fuga nel sogno, probabilmente incarna un impulso diffuso, che sfida l’atteggiamento facilmente sprezzante e pericolosamente intellettuale di chi è pronto a sottovalutare fenomeni come questo: “il primo vero caso italiano di self-publishing fortunato” (Mauro Baudino su La Stampa), un successo “scelto dai lettori grazie al passaparola”.
Io ho letto “Ti prego lasciati odiare” di Anna Premoli e mi sono divertito fino in fondo: ho cercato di smascherare qual è il segreto della piacevolezza di un romanzo che narra una storia d’amore tra due colleghi di lavoro in una banca d’affari. Jennifer, intelligente e ostinata figlia di “genitori alternativi” (“Sono pur sempre la figlia di ambientalisti e pacifisti convinti”); Ian, rampollo di famiglia nobile (“Il conte di Langley…schifosamente, fastidiosamente, oggettivamente attraente”), impegnato a dimostrare il suo valore intrinseco indipendentemente dalla dinastia (“E’ un bel ragazzo, di sangue blu e tutto il resto, ma ho come il sospetto che per lei questo non sia proprio un valore”).
Ti prego lasciati odiare di Anna Premoli: Premio Bancarella 2013 (qlibri)
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Cariche dello stesso segno si respingono
Ian St John (“un uomo oggettivamente, fastidiosamente bello … i giornali scandalistici scrivono spesso di lui: un nobile, un futuro duca, l’erede principale di un impero …”) e Jennifer sono colleghi in una banca d’affari: lui economista, lei avvocato fiscalista.
In passato si sono scontrati per ambizione. Jennifer ha addirittura rotto il naso a Ian in un eccesso d’ira.
Si odiano, si detestano: ogni occasione è buona per litigare, rimbeccarsi, sprigionare astio.
Origine di tanta repulsione, verosimilmente, è un principio dell’elettromagnetismo: le cariche dello stesso segno si respingono; perché entrambi gli antagonisti sono testardi, volitivi, intelligenti, affascinanti, carismatici.
Poi un bel giorno sono costretti a lavorare insieme, per propiziare gli affari di un riccastro (“Beverly … ha preteso di avere anche Ian perché quello che vuole è avere un futuro duca come genero”).
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L’ultima lacrima di Stefano Benni (qlibri)
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Surrealismo dosato
Nella raccolta di racconti intitolata “L’ultima lacrima”, Stefano Benni confeziona ventisette racconti assai diversi per contenuto, ma uniformati dal tono surreale e vagamente orrifico che li pervade.
Tanto per fare qualche esempio, l’esordio è rappresentato da “Papà va in TV”. Nella civiltà del televisore totem, papà che ci va a fare in TV? La risposta è sorprendente: papà Augusto Minardi sarà l’interprete di un’esecuzione in diretta sulla sedia elettronica, con tanto di ritualità (“Se vuole un consiglio, quando arriva la scarica, tenga la testa in giù. Così non si vedono le smorfie …”) e partecipazione di pubblico (“Questo è un momento importante della democrazia televisiva”). Tra i telespettatori, ovviamente c’è anche la famiglia del condannato che, così, può vivere – con il capofamiglia - un momento di celebrità più unico che raro.