Le recensioni di Bruno Elpis
Casa di mare di Marco Buticchi (qlibri)
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Le case parlano
Marco Buticchi parte dalla “Casa di mare” in Liguria per riprodurre la burrascosa vita di suo padre, Albino Buticchi, del quale narra le gesta che lo condussero dall’originaria condizione di umiltà al successo economico di imprenditore petrolifero e di presidente del Milan calcio.
Il romanzo si apre con il fallito tentativo di suicidio del padre (“Ma il tempo, quando decide di scadere, lo fa senza preavviso”), che – in preda alla ludopatia – distrugge la fortuna economica costruita con anni di lavoro, ma anche grazie a felici intuizioni e scelte azzardate.
Albino ben si presta a indossare le vesti dell’eroe di un romanzo, sia per le avventurose esperienze di gioventù, sia per la frequentazione del “bel mondo” che conseguì al successo economico e sportivo.
Agostino di Alberto Moravia (qlibri)
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In tutto simile a un enorme batrace
Agostino è un affresco del passaggio dall’infanzia all’adolescenza ed è paradigma delle capacità analitiche di Alberto Moravia che, nella vicenda estiva del ragazzino di buona famiglia, rappresenta l’affiorare della sessualità, la scoperta dei rapporti sociali nel confronto con una banda di “popolani” e delle insidie nel rapporto con gli adulti.
Leabilità descrittive di Alberto Moravia si lasciano gustare anche nella descrizione dei luoghi (“In fondo alla strada, in un’aria tremolante e remota, il mare scintillava immobile. All’estremità opposta la pineta inclinava i rossi tronchi sotto le masse verdi e afose dei rotondi fogliami”).
La località nella quale Agostino soggiorna con la madre non viene mai nominata nel corso del romanzo. Vengono citati il bagno Speranza, lo stabilimento Vespucci, il Rio (“Apparve loro il fiumicello intero che, con un moto insensibile della compatta e scura acqua di canale, andava a sfociare poco più in giù, tra i sabbioni. A monte, il fiume si inoltrava tra due file di bassi e gonfi cespugli argentei che spandevano sull’acqua specchiante certe loro vaghe ombre…”). Ma il paesaggismo di Moravia identifica i luoghi (“La casa del Tortima sorgeva sulla darsena, al di là del ponte apribile di ferro che scavalcava il canale del porto”), interpretandoli…
L’imperfetta meraviglia di Andrea De Carlo (i-libri)
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Quattro giorni, tanto basta ad Andrea De Carlo per declinare il concetto de L’imperfetta meraviglia (“Perché la meraviglia è imperfetta?... Perché non dura… Se ne va. Insieme allo stupore, la curiosità, l’attenzione millimetrica, il divertimento, il piacere, la gioia che conteneva”), narrando la vicenda che ha per protagonisti una rockstar (Nick Cruickshank) e una gelataia-esteta (“Nei pozzetti refrigeranti del bancone… dare un’occhiata al mantecatore, ai tini di maturazione, all’abbattitore, al frigorifero a temperatura positiva per le materie prime… le vaschette da un chilo di polistirolo espanso…”), che sperimenta gusti sempre nuovi e prelibati e, in una concezione filosofica della produzione dolciaria, abbina alle proprie creazioni un pensiero (“La vita è troppo breve per sprecarla a realizzare sogni altrui”).
Il mercoledì è il giorno della crisi: per Nick con Aileen, per Milena con Viviane (“Però pensava che fossero ruoli flessibili, rovesciabili o anche annullabili in qualunque momento. Invece via via si sono consolidati, fino a farla sentire un po’ stretta nel suo”): in particolare, queste ultime hanno deciso di dare una svolta alla loro relazione saffica e di figliare (“L’aspetto clinico e meccanico della faccenda, il bisogno di programmare tutto, la responsabilità nei confronti dell’ipotetica terza persona”).
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Chirù di Michela Murgia (i-libri)
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Chirù è il deuteragonista dell’ultimo romanzo di Michela Murgia. La protagonista rimane lei, Eleonora, attrice quarantenne che accetta di essere maestra di Chirù, violinista che rimane in ombra tanto nel talento quanto nelle velleità e nella spontaneità.
Perché Eleonora è una presenza ingombrante per il passato tragico di figlia che ha patito i soprusi di un padre violento (“In ogni famiglia c’è un membro che orienta il clima emotivo di tutti gli altri”) e di maestra che tra gli allievi annovera il suicida Nin; per il presente impegnativo (“C’è qualcosa che distingue un’infelicità qualunque, intendo quella che ti fa il vuoto intorno… dall’infelicità speciale, che è una forma di espressione spesso più attraente di certe felicità”) di persona che ha scelto la solitudine come condizione ribelle (“Ero stata capace di mandare in pezzi rapporti consolidati per dimostrare a me stessa che non avevo bisogno di nessuno per sentirmi intera”); per il futuro aperto a ogni prospettiva di artista e di donna.
Tra Cagliari, la Svezia, Praga e Firenze, Eleonora impartisce a Chirù un’educazione non soltanto sentimentale (“Se organizzi i tuoi affetti per classifiche…”): esistenziale, musicale, vitale. Fino a un finale romano al Caffè delle Arti con vista su Villa Borghese nel quale s’intravedono il dinamico punto d’arrivo di Eleonora, l’ambivalenza ambiziosa di Chirù.