Le recensioni di Bruno Elpis
La riva del silenzio di Paul Yoon (qlibri)
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La tragedia in controluce
“La riva del silenzio” è un luogo non ben identificato del Brasile: lì l’autore Paul Yoon traghetta Yohan, giovane nord-coreano che una nave allontana dal paese natio dopo l’esperienza di prigionia in un campo americano.
Con sé Yohan reca un passato disseminato di orrori bellici (“Aveva visto un fiume incendiarsi, senza capire come potesse succedere una cosa del genere”): ciononostante affronta il nuovo capitolo della sua vita grazie a Kiyoshi, il silenzioso sarto giapponese che con il giovane profugo instaura un rapporto essenziale e verace (“Si appoggiò al muro e pensò a quell’uomo che non conosceva ma senza il quale non poteva immaginare i tre anni che erano trascorsi”).
Cuore primitivo di Andrea De Carlo (i-libri)
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Il teatro di “Cuore Primitivo”, l’ultimo romanzo di Andrea De Carlo, è un paesino ligure: “Canciale gli era sembrato un luogo rude, sciatto, semidesolato; l’umida, sparsa periferia campestre di un paesino preappenninico arrampicato sulle ripide coste di monte tra luce e ombra”.
Bestiario o il corteggio d’Orfeo di Guillaume Apollinaire (qlibri)
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Pubblicato nel 1911, il “Bestiario” di Guillaume Apollinaire rappresenta una riedizione dei bestiari medioevali che viene colta dall’inquieto autore come occasione per esprimere in pochi versi alcune intuizioni intellettuali e poetiche, o spunti di vita vissuta.
I singoli componimenti sono anche momento di sperimentazione di una musicalità che si coglie appieno nel testo originale in francese (riportato nell’edizione di Guanda).
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Quattro sberle benedette di Andrea Vitali
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Andrea Vitali situa le “Quattro sberle benedette” nell’epoca forse più congeniale alla sua narrazione: è l’autunno del ’29, a Bellano si stanno celebrando le festività dei santi, dei morti e della Vittoria e siamo in piena epoca fascista (“Una decina di Balilla, con tanto di moschetto in legno, avrebbero dovuto entrare in chiesa prima della messa commemorativa accogliendo una decina di Piccole Italiane , anche loro in divisa…”).
La vicenda ruota tutta intorno alla locale stazione dei carabinieri e ha per protagonisti il neo-papà Maresciallo Maccadò, il brigadiere sardo Mannu (il magiapecore), l’appuntato Misfatti (il mangiacarrube), il carabiniere Viavattène. Lì, nella caserma, giungono alcune lettere anonime che sembrano riferite a Don Secchia (“Con quel pretino lì, mutacico, spento, sgusciante che sembrava più una spia… piuttosto che un servo del Signore”), il coadiutore: un’autentica spina nel fianco del prevosto don Boldoni…
“Il giovin crapulone
dal lungo canappione
monda il suo vizio intenso
spargendo d’incenso”