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Le recensioni di Bruno Elpis

La musica provata di Erri De Luca (qlibri)

coverPer me: Elton John, David Bowie, Amy Winehouse e Chopin 

La musica è spesso sottofondo che scandisce i nostri momenti, talvolta diventa evocativa di ricordi, talaltra assume il ruolo di motivo conduttore di epoche e situazioni.
Ed è proprio una bella riflessione sulla musica quella di Erri De Luca ne “La musica provata”, che scaturisce da un’occasione ben precisa: “Stefano Di Battista, sassofonista giramondo, mi ha chiesto… una scrittura da mettere in musica”. 

Da questo impulso prende il via un excursus lirico, improntato all’autobiografismo, che attraversa le origini (“Ho avuto un’infanzia involontariamente musicale. Napoli suonava su strumenti a corda e risuonava cupa, effetto di grotte e cavità del sottosuolo scavato, crivellato”), le inflessioni latine (“Luna rossa cantata da Caetano Veloso”), i ritmi caldi (“il calypso di Harry Belafonte… Ero nell’età di transito dai calzoni corti a quelli lunghi”), i decenni della protesta (“Intorno suonavano gli anni sessanta e i ragazzi si avvitavano su se stessi ballando il twist dei Beatles. Con Dylano non si ballava, si stava in mezzo alla strada”), per approdare a esperienze africane (in Tanzania “Esistono manifestazioni di fede che costringono la divinità a esserci”), a tappe di guerra (“Belgrado… sentivo battere la più potente grancassa della mia vita”) e a pensieri originali sui cori dei disperati (“Mediterraneo… il ventre liquido tra Asia, Africa e Europa”) e sui canti di lavoro (“Non era allegria. Era lo sfiato musicale del corpo sotto pressione costante…”) 

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Il cappello del maresciallo di Marco Ghizzoni (i-libri)

coverMarco Ghizzoni colloca nel cremonese Boscobasso (“Un buco di duemila anime in riva al Po”), un immaginario borgo del quale viene squadernata in prima pagina la cartina topografica, molto utile per seguire i tortuosi percorsi di un manipolo di personaggi che danno vita alla storia denominata “Il cappello del maresciallo”. Un titolo che, in qualche modo, riecheggia “Il cappello del prete”, il romanzo di Emilio De Marchi, pubblicato nel 1888, considerato uno tra i primi veri romanzi polizieschi in lingua italiana. 

Il liutaio Antonio Arcari, cardiopatico, viene ritrovato senza vita alla stazione del borgo. Facile pensare a un infarto.  Sì, ma che ci faceva alla stazione, di notte frequentata dalle belle di notte (scusate il gioco di parole), il ricco emulo di Stradivari con le braghe calate?

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Morte di un uomo felice di Giorgio Fontana (qlibri)

La legge del taglione, anzi no 

Giorgio Fontana

Alla reazione istintiva di Luigi Vissani (“La vendetta è la prima soluzione che ci viene in mente. E’ ovvio e naturale: la legge del taglione, no?”), figlio di una vittima del terrorismo, Giorgio Fontana – in apertura di “Morte di un uomo felice”, romanzo vincitore del premio Campiello 2014 – oppone la razionalità di Giacomo Colnaghi, “un magistrato brillante, che si occupava di lotta armata da tre anni: ancora giovane, aperto al dialogo e democratico, e per di più molto cattolico”.
Costui, prima di essere paziente e meticoloso professionista (“il sostituto procuratore Giacomo Colnaghi, del Tribunale di Milano”) che combatte lo stragismo (“infinite bande che cercavano d’imporre la propria linea, che ognuna considerava la sola e sacrosanta”) e cerca di comprenderne le cause, è stato studente modello (“Lui era la dimostrazione che anche in Italia ce la si poteva fare: che anche il figlio di un operaio ammazzato dai fascisti, quelli veri, poteva studiare e diventare qualcuno”) e figlio orfano di Ernesto,  giovane operaio dissidente ucciso dalla violenza fascista. 

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