Le recensioni di Bruno Elpis
Le notti di Reykjavik di Arnaldur Indridason (MilanoNera)
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Nell’ormai ricco filone dei gialli nordici, Arnaldur Indridason rappresenta “Le notti di Reykjavik” per il tramite di Erlendur (“Soltanto di notte si sentiva in armonia con la città, quando le strade erano finalmente silenziose e deserte e si udivano solo il vento e il rombo sordo del furgone”): un agente che - per un misto di compassione, desiderio di verità e volontà di far quadrare intuizioni personali - si occupa in modo irrituale (“Rebekka mi ha detto che lei è un agente semplice e non sta indagando in veste ufficiale”) della scomparsa di una donna e di una morte sospetta.
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Novelle col morto di Gaia Conventi (i-libri.com)
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“Novelle col morto” rappresenta il ritorno in libreria di Gaia Conventi, la scrittrice ferrarese che ci ha tanto divertito ai tempi del “Giallo di zucca”, che ancora aleggia nella nuova opera (“Provateci voi a dire che dalle vostre parti siete famosi per le zucche che crescono e per le teste che cascano!”).
Questo ritorno “alle stampe” consiste poi nella pubblicazione di due racconti lunghi, entrambi con nome (il titolo) e cognome (il sottotitolo) - “Quarti di vino e mezze verità (La mummia che sapeva troppo)” il primo, “La locanda del Giallo (Delitti e bisticci festivalieri)” il secondo -, ambedue dotati di indirizzo: una citazione di Dino Risi per il primo, di Ennio Flaiano per il secondo. Indirizzo che non svelerò…
La mia passione per l’ironia garbatamente graffiante e delicatamente irriverente di Gaia Conventi – che nell’umorismo esprime gusto per la cultura e amore per la terra d’origine - m’induce a proporre un commento distinto per ciascuna delle due storie.
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Animali (topi gatti cani e mia sorella) di Ugo Cornia (i-libri)
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Ugo Cornia ci parla della sua originale visione degli “Animali (topi gatti cani e mia sorella)” in un romanzo breve che è un esilarante monologo imbastito con ironia.
TOPI
L’azione si svolge in prevalenza a Guzzano, in “una vecchia casa di montagna relativa (seicento metri sul livello del mare)”.
Lì, la sorella del protagonista orienta il suo animalismo verso il salvataggio di alcuni piccioni malati: “Sono piccioni col vaiolo… già fortemente imprintati (cioè per farla breve abituati a considerare una figura umana…)”.
Ma le granaglie offerte ai volatili hanno una controindicazione: attirano i topi! (“Granaglie sparpagliate qua e là… per dei topi era un bel richiamo…”).
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La sindone del diavolo di Giulio Leoni (qlibri)
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Che diavolo succede?
De “La sindone del diavolo” di Giulio Leoni si occupa un insolito investigatore: Dante Alighieri.
Arrigo VII, imperatore che per Dante incarna “le speranze per l’intera Italia di ritrovare la pace e la giustizia perdute, sotto l’illuminato giudizio dell’aquila”, è gravemente ammalato. Sembra che ci sia un unico rimedio alla sua malattia: un misterioso filtro, che si trova a Venezia.
Per questo Dante, senza troppi indugi, parte alla volta della Serenissima.
L’atmosfera misteriosa (“forse c’era davvero un demone maligno”) della città lagunare (“Dicono che sia il diavolo a suonare il liuto, nelle notti di luna sui ponti di Venezia”) fa da sfondo alla ricerca poetica. Dante ha pressoché concluso l’Inferno, ma si trova a fronteggiare quella che oggi chiameremmo la sindrome della pagina bianca.
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