Le recensioni di Bruno Elpis
Il vizio di Caino di Ferdinando Pastori (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
“Il vizio di Caino” ha uno sbocco univoco: il fratricidio. “Il vizio di Caino” sfocia in un delitto compiuto per invidia e gelosia. E al biblico precedente s’ispira Ferdinando Pastori per intessere un noir dalle tinte forti a partire dal complesso d’inferiorità che un figlio nutre nei confronti del fratello prediletto.
Il duo Caino-Abele, nel romanzo di Pastori, è rappresentato da Flavio e Filiberto (“Ci siamo divisi i ruoli. Lui il figlio adorato, io quello dannato”), i figli di un avvocato milanese (“L’avvocato che difende i ricchi e i potenti. Squalo fra gli squali”), di grido e spregiudicato (“Suo padre… è un personaggio importante, un uomo in vista e influente. Con il suo lavoro e gli interessi in politica si è fatto parecchi nemici”).
Filiberto ne ha seguito la strada (“Abele, il figlio buono, non manca mai all’appello e dubito che sia stato invitato”) e incarna le ambizioni del padre (“Orgoglio di mamma e papà”).
Flavio, invece, si è ribellato a un destino professionale già tracciato (“Perché non hai fatto anche tu l’avvocato?” “Non mi piace abbastanza la gente da essere disposto a mentire per difenderla”) e si è dedicato ai propri interessi (“Dedicarmi al progetto chiese sconsacrate”), in posizione critica rispetto alla famiglia e alle sue smanie di prestigio.
Quando Filiberto scompare in modo misterioso (“Tuo fratello è scomparso. Da quattro giorni”), tuttavia, Flavio-Caino – richiamato a Milano dal padre (“Perché hai aspettato tre giorni prima di avvisarmi? Cos’è capitato a Filiberto?”) – s’incarica di un’indagine personale, che lo porta a collaborare con Micol Burando, un’affascinante donna-ispettore, dimostrando il proprio desiderio di guarire dal “vizio di Caino”.
Nel frattempo le carte della vita vengono sparigliate da un’inaspettata rivelazione: alcuni filmati hard e foto osé immortalano Filiberto, il figlio-modello, in situazioni inequivocabilmente piccanti e compromettenti.
“So quanto tu vada fiero del tuo ruolo. Recitare la parte della pecora nera della famiglia ti ha sempre rallegrato. Come ti senti adesso che primato e divertimento sono messi in discussione?”
Cosa si cela dietro alla sparizione di Filiberto?
Una ritorsione verso il padre?
Una relazione pericolosa nel mondo sotterraneo dei club che coltivano interessi particolari?
Un collegamento con altri casi di scomparsa?
Flavio e Micol lo scopriranno a loro spese, penetrando di tappa (“L’Euphoria. Ed è lì che andremo questa sera. Eleganti e sorridenti”) in tappa (“C’è in programma un masquerade swinger party organizzato da Aperta-Mente, una community molto attiva sul web”) i reconditi segreti dell’erotismo alternativo (“Protagonista della movida milanese, conosce la notte e il suo lato più trasgressivo e lussurioso”) e mettendo a repentaglio incolumità e virtù…
La narrazione scorre rapida grazie a uno stile che calza specie (“Si muove a scatti come la coda tagliata di una lucertola”) e genere (“Il cielo, costretto fra le teste di medusa degli alberi e il profilo lucido dei palazzi, è un’ipotesi”): nell’ironia, a volte caustica, a volte beffarda; nelle implicite riflessioni sui rapporti familiari; tra rimandi a fiabe e favole (“Prendo una mela dal frigorifero. Per la gioia del serpente e la disperazione di Biancaneve”) utilizzate come sinistri strumenti (“Peter Pan voleva riappropriarsi della propria ombra, io vorrei disfarmi della mia. Tenacemente aggrappata agli ultimi avanzi di luce”); con il refrain di paradossi geografico-legali (“In Australia la legge vieta ai bambini l’acquisto di sigarette, ma non impedisce loro di consumarle”).
Poi – dicevo – nelle ultime pagine la vicenda imbocca una rotta pericolosa, atroce, crudelmente esplicita…
Soprattutto per questo, il romanzo è indicato a chi non ama le mezze misure o i toni pastello, a chi apprezza la contrapposizione cromatica tra il nero della perversione in cui precipita a volte l’animo umano e il rosso…
Bruno Elpis