Le recensioni di Bruno Elpis
Animali (topi gatti cani e mia sorella) di Ugo Cornia (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
Ugo Cornia ci parla della sua originale visione degli “Animali (topi gatti cani e mia sorella)” in un romanzo breve che è un esilarante monologo imbastito con ironia.
TOPI
L’azione si svolge in prevalenza a Guzzano, in “una vecchia casa di montagna relativa (seicento metri sul livello del mare)”.
Lì, la sorella del protagonista orienta il suo animalismo verso il salvataggio di alcuni piccioni malati: “Sono piccioni col vaiolo… già fortemente imprintati (cioè per farla breve abituati a considerare una figura umana…)”.
Ma le granaglie offerte ai volatili hanno una controindicazione: attirano i topi! (“Granaglie sparpagliate qua e là… per dei topi era un bel richiamo…”).
L’invasione dei roditori è l’occasione per uno spassoso excursus a metà strada tra la fiaba del Flauto magico (“C’era da fare la guerra come nel novantadue, l’anno di riferimento per la guerra ai topi”), i cartoni animati di gatto Silvestro (“Pur essendo così mostruoso quel veleno per i topi che fa veramente dispiacere a metterlo”) e la filastrocca “Alla fiera dell’est” (“Chissà anche quante civette e allocchi che ci lasciano la pelle…”).
La morte aleggia (“Ma l’odore di morto era veramente bestiale, e continuava”), evocata da un cinismo lieve e scanzonato (“Le caramelle, che erano questa grande novità, sembravano delle fisherman un po’ più grandi…”).
In questo bailamme, rimane aperto un inquietante interrogativo: “Come mai i topi nessuno ha mai cercato di addomesticarli, mentre i cani e i gatti sì?”
GATTI
Appartengono principalmente alla dinastia di una prolifica gatta matriarca, che nei parti plurigemellari realizza la propria natura germinativa (“Il problema di aver fatto i suoi primi gattini e di averli nascosti nel fienile della stalla di celeste, dove però Celeste glieli aveva subito trovati e immediatamente glieli aveva affogati nel vascone della fontana…”) e il proprio istinto educativo (“Magari se ci riusciva gli portava prede un po’ più vive, in modo che finissero di massacrarle loro…”).
La morte continua ad aleggiare, in modalità che rasenta la strage ispirata ad antichi, crudeli costumi della cultura contadina.
CANI
Dopo l’esperienza alterna con un setter cieco, il narratore deve subire la corpulenta presenza di Tobi, un gigantesco meticcio (“Vagamente simile a una mistura di alano e pastore tedesco”), accasato dalla sorella: sfinito da rivalità (“Continuavano le lotte per il divano, che però ormai si risolvevano col trucco del cracker”), imposizioni (“Che dieci persone dovessero stare praticamente in galera perché il suo cane stesse fuori di galera”) e conflitti di ruolo (“Tobi deve avermi realizzato come suo superiore gerarchico”), il protagonista approda a una convinzione definitiva: “Mi è rimasta, non voglio dire la paura, ma perlomeno il fastidio di avere un animale in casa”.
Lo stile narrativo è accattivante e segue il flusso di coscienza enunciato secondo le regole naïf del “pensierino” che si ramifica in riflessioni spontanee ed estemporanee.
L’ironia è il motore del racconto, ma talvolta indulge a inflessioni malinconiche (“Io quella cornacchia grigia la chiamo Giorgio”) o a meditazioni volutamente sdrammatizzate: come quella sulla pena di morte, che assume il paradosso dello sventato tentativo di suicidio di un condannato (“Lo hanno salvato… e dopo l’hanno ucciso…”).
Per tutti questi motivi, “Animali” rappresenta sicuramente una parentesi di divertimento assicurato in una di queste giornate di pioggia…
Bruno Elpis
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