Le recensioni di Bruno Elpis
Koto di Yasunari Kawabata (i-libri)
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Yasunari Kawabata, premio Nobel nel 1968, in “Koto” rappresenta l’anima tradizionale del Giappone e assume la storia di Chieko, ventenne figlia adottiva di Takichiro (“I trovatelli sono figli degli dei”), come spunto efficace per affrescare tradizioni e cerimoniali nipponici.
Nell’ombra e nella luce di Giancarlo De Cataldo (Malgradopoi)
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Giancarlo De Cataldo delinea “Nell’ombra e nella luce” una storia situata in pieno Risorgimento nella Torino dei Savoia e della sapienza diplomatica del Conte di Cavour.
Corre l’anno 1848: per antonomasia, lo stesso anno ha originato l’espressione che indica “caos” (un quarantotto!) e, a Torino, la confusione è fomentata dagli atroci delitti commessi da un pazzo che agisce mascherato (il Diaul) e infierisce sulle vittime dimostrando una crudele monomania sadica.
“… Nella nostra città è stato consumato un ignobile crimine. Una povera donna di poca virtù, ben nota i torinesi come la Rosìn, è stata orribilmente massacrata. Le autorità hanno messo a tacere la cosa. Non si vuole che il popolo sappia. Ma il popolo ha il diritto di sapere. Nella nostra città si aggira uno spietato assassino. Ha il naso d’argento.”
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L’erede del tempo di Franco Scaglia (qlibri)
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Un altro don Matteo!
“L’erede del tempo” di Franco Scaglia s’incentra sulla figura dell’archeologo francescano Matteo, che a Gerusalemme porta le vesti di “custode di Terra Santa” e che, sul piano investigativo, crede nella teoria degli specchi (“Il gioco può continuare con lo specchio successivo nel quale si riflette il primo specchio e così via… Gli specchi ti stanno ingannando, si prendono gioco di te e sono riusciti ad allontanarti dalla verità…”).
Matteo è deluso dalle vicende umane che in Terra Santa trovano vistose, tormentate manifestazioni. Così “Matteo… dopo aver riunito in refettorio i confratelli, comunicò loro che si dimetteva dall’incarico di Custode di Terra Santa.”
Koto di Yasunari Kawabata (qlibri)
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Kawabata per ogni stagione
“Koto” di Yasunari Kawabata ritrae l’anima del Giappone nell’avvicendarsi delle stagioni.
PRIMAVERA
“Chieko scoprì le violette fiorite sul tronco antico dell’acero”. Sono due, i cespi di violette che occupano gli interstizi di un tronco. Ed è preludio di un legame gemellare che attraversa il tempo scandito dalla natura. Nell’attenzione verso creature anche piccole (“A un tratto si ricordò dei grilli-campanari che allevava nel vaso Kotamba”), nell’esplosione floreale (“Si avvicinava l’ora dell’appuntamento per andare a ammirare i ciliegi in fiore”), passeggiando con grazia tra ritagli di paesaggio (“Shinichi attraversò il lago passando da una all’altra delle pietre che costituivano il cosiddetto sawatari. Erano pietre rotonde simili a sezioni di colonne dei giganteschi portali dei parchi sacri. In qualche punto, Chieko sollevò leggermente l’orlo del kimono”) e luoghi di culto (“Vorrei andare al tempio Kiyomizu… Da lassù mi piace guardare la città di Kyoto al crepuscolo e il tramonto sopra i monti a occidente”), lasciando affiorare il dilemma identitario (“Trovatella?”) della protagonista, figlia adottata da un imprenditore tessile che si diletta a confezionarle abiti e si lascia attrarre dal richiamo della geisha…
Il rigoglio vegetale trionfa nell’orto botanico di Kyoto, e son cinnamomi, alberi della canfora, salici e tulipani a non finire, poi si celebra nella geometria verticale dei cedri del Kitayama (“Per far crescere i cedri alti e dritti, tagliano con l’accetta tutti i rami. Si arrampicano come scimmie su scalette e poi passano da un albero all’altro”).