Le recensioni di Bruno Elpis
Il grande male di Georges Simenon (qlibri)
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Mi riprenderò la fattoria
“Il grande male” di Georges Simenon è un delitto atroce, compiuto dalla vedova Pontreau ai danni del genero epilettico Jean Nalliers. Il bieco fine dell’atto criminale è impossessarsi della fattoria che il poveretto ha portato in dote quando ha sposato Gilberte, una delle tre figlie che la vedova soggioga e amministra con personalità dominante e fiera.
La finalità viene raggiunta nonostante la sconclusionata e alcolica reazione (“Mi riprenderò la fattoria, perché è mia, perché l’ho regalata a mio figlio e mio figlio sono io! E vedremo se quelle megere…”) del padre di Jean (“Ho comprato la fattoria per centocinquantamila franchi un anno fa…. Gliene darò ottantamila”).
Al delitto assiste la Naquet, la domestica un po’ matta che, nel romanzo, si muove in modo tetro (“Vide la bassa sagoma nera della Naquet, il suo ombrello”) e con finalità imperscrutabili (“Di nuovo la Naquet! Viene fino a casa e non entra. Cosa vorrà mai?”), se non pazzesche. Il caso si complica quando un bracciante, Gérard Noirhomme, confessa di essere l’autore del delitto, istigato dalla Pontreau. La provincia insorge contro la donna e ne accentua l’isolamento…
Teoria delle ombre di Paolo Maurensig (qlibri)
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Pentagramma del musicista, pagina bianca del poeta
Paolo Maurensig assume il gioco degli scacchi per rappresentare la “Teoria delle ombre” e formula le proprie ipotesi romanzesche (“Lascio che la mente mi trasporti in quella lontana primavera del 1946”) sulla morte di Alexandre Alekhine, un campione sovietico per il quale il gioco non fu soltanto un mestiere, ma una vera e propria filosofia di vita.
Il passato ambiguo di Alekhine (“Per i francesi era un collaborazionista, per i sovietici un traditore”) e il suo presente di alcolizzato, autolesionista e doppiogiochista danno spazio a una ricostruzione artistica diversa da quella fornita dalla polizia portoghese, che archivia la morte del campione in modo sbrigativo e superficiale.
Mentre la scena europea è dominata dal processo di Norimberga, gli ultimi giorni di vita del campione scorrono malinconici sotto l’egida di un'incipiente amicizia con un violinista ebreo, tra passeggiate sino al faro, la comparsa di minacciose presenze (“E ora era comparso anche questo Boronov, guarda caso maestro di scacchi…”), qualche indizio inquietante (“Le due buste trovate sotto la porta”), una partita giocata alla cieca per avvantaggiare l’avversario e una festa che diviene un processo nell’immaginazione del protagonista.
La casa nel bosco di Gianrico e Francesco Carofiglio (qlibri)
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Eravamo bambini…
Gianrico e Francesco Carofiglio si congedano con “La casa nel bosco”, il luogo ove da bambini trascorrevano le vacanze.
Hanno messo in vendita la casa e insieme vi si recano per un ultimo, breve soggiorno.
L’esperienza sprigiona gli odori (“Eravamo noi a sentire gli odori perché eravamo bambini. Abbiamo smesso diventando grandi”) e i sapori (“Il maritozzo”) dell’infanzia.
Ed è l’occasione per riesumare ricordi (“Era il 29 agosto del 1973… Il giorno in cui scoppiò il colera a Napoli…”).
Così come la notte trascorsa insieme, al lume di candela, dopo tanti anni agevola confidenze e dialoghi nostalgici.
Con l’immancabile appendice ove i fratelli Carofiglio propinano ricette, questo libello non presenta per il lettore il medesimo motivo d’interesse che probabilmente riveste per gli autori.
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La scelta di Sigmund di Carlo A. Martigli (i-libri)
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Ha un protagonista importante “La scelta di Sigmund”, il nuovo romanzo di Carlo A. Martigli temporalmente collocato nell’anno 1903 e geograficamente situato in Vaticano, negli ultimi giorni del papato del longevo Leone XIII. Sì, perché la vicenda imbastita intorno al conclave dell’eligendo pontefice e il veto opposto da Francesco Giuseppe d’Austria alla nomina di uno dei più accreditati porporati, viene interpretata dal padre della psicanalisi: quel Freud “ebreo e ateo” (“Lei crede in Dio, dottor Freud?”), che nell’immaginazione del nostro autore viene ingaggiato da Leone XIII per un’importante missione.
Quando Freud riceve l’invito a recarsi in Vaticano, tutto immagina (“L’ipotesi più plausibile era sembrata l’offerta di una cattedra”), fuorché il motivo reale della convocazione (“Voglio… che sottoponga al suo metodo di analisi… alcuni prelati, alti prelati”). Leone XIII – giunto agli ultimi giorni del suo lungo papato – nutre il fondato sospetto che uno dei tre prelati più in vista (“Sono tra i più papabili al prossimo conclave…. Mariano rampolla del Tindaro, segretario di Stato, Luigi Oreglia di Santo Stefano, decano dei cardinali e camerlengo… il giovane Joaquin De Molina y Ortega…”) sia implicato in quello che apparentemente si palesa come il suicidio di due giovani. E se lo scopo sembra nobile (“Per evitare che al mio posto venga eletto non dico un assassino… ma qualcuno che possa mai nascondere sotto la tiara un bel paio di corna”), il compenso in lire è allettante: così Freud accetta l’incarico…
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