Le recensioni di Bruno Elpis
La scelta di Sigmund di Carlo A. Martigli (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
Ha un protagonista importante “La scelta di Sigmund”, il nuovo romanzo di Carlo A. Martigli temporalmente collocato nell’anno 1903 e geograficamente situato in Vaticano, negli ultimi giorni del papato del longevo Leone XIII. Sì, perché la vicenda imbastita intorno al conclave dell’eligendo pontefice e il veto opposto da Francesco Giuseppe d’Austria alla nomina di uno dei più accreditati porporati, viene interpretata dal padre della psicanalisi: quel Freud “ebreo e ateo” (“Lei crede in Dio, dottor Freud?”), che nell’immaginazione del nostro autore viene ingaggiato da Leone XIII per un’importante missione.
Quando Freud riceve l’invito a recarsi in Vaticano, tutto immagina (“L’ipotesi più plausibile era sembrata l’offerta di una cattedra”), fuorché il motivo reale della convocazione (“Voglio… che sottoponga al suo metodo di analisi… alcuni prelati, alti prelati”). Leone XIII – giunto agli ultimi giorni del suo lungo papato – nutre il fondato sospetto che uno dei tre prelati più in vista (“Sono tra i più papabili al prossimo conclave…. Mariano rampolla del Tindaro, segretario di Stato, Luigi Oreglia di Santo Stefano, decano dei cardinali e camerlengo… il giovane Joaquin De Molina y Ortega…”) sia implicato in quello che apparentemente si palesa come il suicidio di due giovani. E se lo scopo sembra nobile (“Per evitare che al mio posto venga eletto non dico un assassino… ma qualcuno che possa mai nascondere sotto la tiara un bel paio di corna”), il compenso in lire è allettante: così Freud accetta l’incarico…
Di fronte alla riluttanza di tre cardinali scarsamente collaborativi, Sigmund può contare su un alleato d’eccezione (“Sono ancora un novizio, può rivolgersi a me come Angelo e basta. Di cognome faccio Roncalli, e ho la fortuna di godere della fiducia del Santo Padre”), su uno strumento (il poligrafo) che ricorda l’odierna macchina della verità e sulla bella Maria, la cui figlia adolescente sembra vittima delle attenzioni insane del soggetto da smascherare.
La determinazione di un papa arzillo sino all’ultimo e consapevole (“Omicidi, stupri, orge, commerci innominabili del sacro e del profano, e perfino io, in questa stessa stanza ho commesso un grave peccato… pagare un uomo, Nikolaj Notovich, perché non pubblicasse un libro, Gli anni perduti di Gesù…”), che non disdegna il vino Mariani alla cocaina e non si astiene dall’origliare le sedute di psicanalisi, conduce Sigmund fino al momento cruciale di una scelta che passerà alla storia.
Il Freud che Carlo A. Martigli scolpisce in questo romanzo è naturalmente analitico nel valutarsi (“Fuggiva come il maschio della vedova nera, come se avesse timore di essere sopraffatto da lei”), nell’agire (“Nella sua posizione sarebbe stato facile preda della sindrome di Faust. Ah quel benedetto uomo di Goethe…”) e nel rapportarsi agli altri. Fumatore di sigari (“Reina Cubana, Liliputanos, Don Pedro, Santa Clara e i famosi Bolìvar…”) accanito e cosciente (“Che poi si trattasse di un succedaneo dell’attività sessuale lo sapeva da tempo”), amabilmente appassionato di Goethe e di cultura tedesca (“Oreglia avrebbe potuto degnamente rappresentare la figura di Mefistofele”), massone (“Il Venerabile della B’nai B’rith di Vienna, alcuni mesi prima, durante un’agape rituale, aveva messo in guardia i fratelli…”) e con una vita sessuale degna delle sue teorie, Sigmund ammira Sherlock Holmes e respira l’aria romana (“Roma sembrava però un altro mondo rispetto a Vienna, così come la sua gente, nel bene e nel male… Roma sembrava un arcobaleno…”) tra gli intrighi e i complotti (“Nel covo dove da quasi duemila anni non si faceva altro che complottare e congiurare”) che si rivelano motori dell’agire umano più potenti dell’inconscio…
Il romanzo, particolarmente indicato agli appassionati di thriller storico e/o psicologico, abbozza il ruolo che la psicanalisi avrà nella criminologia contemporanea (“Il suo metodo avrebbe senz’altro aiutato a portare a galla eventuali tendenze criminali”).
Bruno Elpis