Le recensioni di Bruno Elpis
Toby – Memorie di un maialino sapiente di Russel Potter (qlibri)
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Narrazioni zoomorfe
Mi affascinano. Perché gli animali ben si prestano a rappresentare pregi e vizi, a interpretare vicende umane e a personificare tipologie antropiche.
Così avviene nella mitologia prima ancora che nella favolistica di Esopo e Fedro. Così avviene nella narrativa fiabesca di Andersen (la sirenetta, il brutto anatroccolo), di Perrault (il lupo di Cappuccetto, il gatto con gli stivali) e dei fratelli Grimm (i musicanti di Brema, il lupo e i sette capretti, i tre porcellini) e nel cinema di Disney (Bambi). Così succede nella satira di Lafontaine o nella “Fattoria degli animali” di George Orwell.
Lo stesso miracolo tuttavia non avviene in “Toby” di Russel Potter, una storia che l’autore immagina affidata a un curatore: “l’unica e sola autobiografia di una creatura non appartenente al genere umano”.
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Regalo di Natale, autori vari (qlibri)
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Lettura anacronistica?
Inizio la lettura del volume che ha il titolo di un vecchio film di Pupi Avati e che contiene sei racconti, insidiato da un sospetto che è quasi una certezza: sono fuori tempo massimo rispetto alle ormai archiviate feste di Natale, denominatore comune di questa antologia?
La raccolta è aperta da Alicia Giménez-Bartlett con “La principessa Umberta”. L’ispettore Petra indaga sul caso di “una principessa italiana che si dà alle opere di bene, ma che contemporaneamente entra in contatto col mondo del crimine organizzato!”
Racconto lineare e senza sussulti, ma trasversale rispetto alle classi sociali dei protagonisti.
Tu eri tutto per me di Arisa (qlibri)
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Sincerità-tà-tà
Devo ammetterlo, in periodo sanremese mi sono accostato a questo libello incuriosito dalle evoluzioni camaleontiche della cantante che qualche anno fa aveva suscitato tenerezza nei più benevoli, frizzi e sberleffi nei più cinici, per il suo look da cartone animato. Allora aveva calcato le scene del festival più canterino del nostro sconclusionato Belpaese accompagnata da un maestro d’eccezione: quel Lelio Luttazzi che i più attempati tra di noi ricorderanno come presentatore della hit parade che nel mezzogiorno del venerdì scandiva i successi dei favolosi anni sessanta.
Quando ho visto il libro (che titolo! Il titolo potrebbe benissimo essere quello di una canzonetta!) mi sono detto: dopo averci sorpreso, si fa per dire, con un repentino cambio di rotta (perché, dismessi i panni del cartone animato, la nostra ha virato verso un’immagine più sofisticata e sexy), vuoi vedere che Arisa spinge l’acceleratore sul trasformismo e mi diventa anche una letterata?
La statua di sale di Gore Vidal (qlibri)
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CAMBIARE PER NON CAMBIARE MAI
L’opera-scandalo di Gore Vidal venne pubblicata il 10 gennaio 1948 e creò un terremoto nella cultura e nell’opinione pubblica in quanto mise ‘nero su bianco’ una vicenda omoerotica che ha per protagonisti due ragazzi ‘più che normali’, belli e atletici, Jim Willard e Bob Ford: “Erano sempre stati insieme nella squadra di baseball e insieme avevano giocato a tennis, anche se, con disperazione di Bob, vinceva sempre Jim.”
In particolare Jim è di buona famiglia (il padre “era opinione della famiglia che non avrebbe avuto alcun problema a essere eletto governatore”) ed è tanto sportivo (“il più bello della scuola… non capiva perché non ti dessi da fare di più… pensava che tu avessi paura delle ragazze”) quanto timido e introverso.
Anche Bob è di bell’aspetto e, agguantato il diploma, vuole imbarcarsi e abbandonare il paese natale della Virginia (“Tutto quello che voglio è viaggiare e fare baldoria”).