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Le recensioni di Bruno Elpis

“E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche” di William S. Burroughs e Jack Kerouac

KerouacVITE SPERICOLATE E GENERAZIONE DI SCONVOLTI 

Come la storia biblica dell’uomo è inizialmente macchiata dal fratricidio primordiale di Caino, così anche la beat generation ha il proprio peccato originale. Di questo delitto si parla nell’opera in commento che, a parer mio, ha un interesse più storico che letterario, in quanto è scritta da due autori che avranno un grande seguito nel movimento culturale noto come beat generation: William S. Burroughs e Jack Kerouac. 

Il “quattro mani” si sviluppa in capitoli alternati: comincia il barista Will Dennison alias Burroughs (“In qualche modo Dennison mi ricordava un cowboy. Ma non il cowboy che si vede nei film su un destriero bianco… Will è il tipo di cowboy … che si dilegua pian piano con i soldi appena il buono e il cattivo aprono il fuoco”), prosegue il marinaio Mike Ryko alias Kerouac. E così via di paragrafo in paragrafo. Un dittico baciato e specchiato, ove si alternano la sregolatezza allotropica di Burroughs e la natura itinerante di Kerouac, a raccontare il grave fatto di cronaca nera che si colloca agli albori della cultura beat. 

Burroughs

Ambientato a  New York nel 1944, il dittico riflette l’irrequietudine di un gruppo di giovani, dediti a pratiche estreme e all’assunzione di sostanze alcoliche (“Ora delle tre eravamo zeppi di Pernod”) e psicotrope (“Allora, fonti affidabili mi dicono che a causa della guerra in questo paese c’è una carenza paurosa di stupefacenti”).
Accanto agli alter ego dei due scrittori, su tutti emerge la relazione tra Al e il turco Phil, giovane inquieto occupato da teorie che avranno grande richiamo negli anni successivi (“Tutti artisti… La società ultima dev’essere completamente artistica. E nel corso della sua vita ognuno di questi cittadini-artisti deve completare il suo cerchio spirituale”). 

La New York che fa da contenitore alla storia è enucleata negli appartamenti ove i giovani si ritrovano e nei bar (“Il posto si chiama Continental Café. D’estate è tutto aperto perché ha le porte a soffietto”) in una dimensione acustica vivacizzata dalle emissioni delle radio e della televisione (“Il barista aveva la radio accesa. Un giornalista radiofonico raccontava di un incendio divampato in un circo e l’ho sentito dire: e gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche”). Intanto Mike e Phil manovrano per imbarcarsi (“Hanno intenzione di andare in Francia e di abbandonare la nave”): il secondo principalmente per sfuggire all’insistenza delle insidie di Al (“Partire con lui. Ho paura di un’eventuale reazione e non concluderei niente”).
Le occupazioni pericolose, la propensione agli eccessi, le teorie estremizzate e l’insofferenza interpersonale sono una miscela esplosiva. Il 13 agosto 1944 il giovane Lucien Carr (nell’opera il turco Phillip Tourien), per difendersi dalle avance dell’amico David Kammerer (Al), lo uccide (nel romanzo con un’ascia) e ne getta il corpo nelle acque dello Hudson.
I due scrittori saranno sospettati di complicità e passeranno seri guai giudiziari. Sotto questa nefasta stella nacque la beat generation… 

Bruno Elpis 

http://www.qlibri.it/recensioni/romanzi-narrativa-straniera/discussions/review/id:39861/