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Le recensioni di Bruno Elpis

Storia della piccola volpe che mi insegnò il perdono di Sergio Bambarén (i-libri)

coverChiqui è il protagonista della Storia della piccola volpe che mi insegnò il perdono diSergio Bambarén, il seguito della precedente opera La casa di luce.
Chiqui vive sulla spiaggia, come Sergio che ivi abita in una casetta ecologica, e allarma l’uomo ogni volta che un animale è in difficoltà. 

I due amici salvano un formichiere (“Era stato costretto a lasciare il suo habitat per rifugiarsi in un immondezzaio dove riusciva a stento a sopravvivere”), una tartaruga (“È Maggie, la tartaruga nera. Devi soccorrerla, sta affogando!”), un gabbiano (Raphaelle “aveva le ali e il corpo trafitti da ami che gli trapassavano la pelle da parte a parte”)… 

Anche se l’uomo sembra essere giunto al limite dell’autodistruzione (“La foresta di cui parli non esiste più da un pezzo”), forse non è ancora troppo tardi per un ravvedimento sul filo del rasoio…
Manterremo la nostra promessa, Chiqui. Ci batteremo per tutte le creature che non possono difendersi da sole.” 

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La tigre e l’acrobata di Susanna Tamaro (i-libri)

coverLa tigre e l’acrobata di Susanna Tamaro è una fiaba-romanzo carica di allegorie e di amare considerazioni sull’uomo (“È l’essere umano il principio della disarmonia”). 

Piccola Tigre e Tigrotto sono due cuccioli di madre siberiana (“Piccola Tigre non è la tigre di Sandokan e neppure Shere Khan, le nebbie vaporose dei tropici le sono sconosciute…”). La mamma insegna ai due piccoli le tecniche di caccia (“Il salto e la sorpresa sono le nostre arti”) e, soprattutto, la diffidenza  nei confronti dell’uomo (“Tra tutti gli animali, l’uomo era l’unico a essere in grado di mettere fine ai loro giorni”). 

Ben presto la mamma si accorge che Piccola Tigre ha un indole diversa: è distratta, poco propensa alla caccia e sempre alla ricerca. 

Nonostante mamma Tigre lasci a lei il proprio regno, Piccola Tigre insegue il sole, si allontana e s’imbatte in un uomo che vive solo in una capanna: è l’erede di sciamani e l’accoglie in casa sua. Ma gli altri uomini sono in agguato, sempre pronti a imporre la loro sciagurata logica di morte (“Non era bene che si sapesse che un uomo e una tigre vivevano insieme, condividendo il cibo e i pensieri”).

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Da dove la vita è perfetta di Silvia Avallone (qlibri)

coverBolofeccia, li chiamavano, quelli come lei 

Il significato del titolo del nuovo romanzo di Silvia Avallone viene svelato quasi subito, a pagina 28: “Sulla panchina che avevano ribattezzato, lei e la sua migliore amica, «Da dove la vita è perfetta»”.

Ci vogliono tuttavia 376 pagine per narrare – ma non necessariamente svelare - da dove la vita diventa perfetta per due gruppi di personaggi che s’intersecano, salvo sorprese finali, grazie a una natalità. 

Da un lato ci sono i disperati (“Bolofeccia, li chiamavano, quelli come lei”) che vivono in una periferia immaginata (“Il romanzo si svolge in una città reale, Bologna. Il Villaggio Labriola è invece un quartiere immaginario, che rappresenta la mia personale geografia dell’esclusione”, confessa l’autrice nella post-fazione): la diciassettenne Adele, che riproduce il destino già toccato alla madre Rosaria rimanendo incinta di Manuel, giovane bellissimo e intelligente che intraprende la carriera delinquenziale – sino al parricidio - con il mito di Eminem.

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La vita sconosciuta di Crocifisso Dentello (qlibri)

coverUna percentuale di vita sconosciuta

Se è vero che “Ognuno ha una percentuale di vita sconosciuta alla propria compagna”, è altrettanto vero che la percentuale di Ernesto è vicina all’unità: tradisce la moglie in “lupanari a cielo aperto”, in relazioni clandestine e mercenarie con altri uomini.

Di ritorno da una di queste evasioni torbide, Ernesto trova la moglie Agata senza vita nel loro appartamento. È l’inizio di un dolore alterno e contradditorio (“La sua tragica fine prematura ha spezzato per sempre la possibilità di un perdono, di un armistizio capace di riallineare il passato e bonificarlo”), fatto di solitudine, di rimorsi e, talvolta, di pensieri scellerati (“Persuaso che un parossismo di abiezione fosse il solo antidoto efficace per neutralizzare quella piccola esplosione di dolore”). 

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