Le recensioni di Bruno Elpis
Se mi tornassi questa sera accanto di Carmen Pellegrino (qlibri)
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Quanto di sé era disposta a sacrificare
Se mi tornassi questa sera accanto di Carmen Pellegrino è la storia di una famiglia ove il patriarca, Giosuè Pindari, con forte personalità e sottofondo ideologico, cerca di sorreggere le sorti in una terra amica e ostile al tempo stesso. La madre Nora è afflitta da un disagio psichico (“Che avesse trovato nella forma di una scrittura segreta l’ennesimo rifugio, e in questa esprimesse la sua vicinanza a un certo tipo di dolore”), la figlia Lulù (“Farò la pensatrice. Avrò un’officina tutta mia dove aggiusterò i pensieri rotti”) si sente schiacciare dalle scelte del padre e dalla patologia della madre (“Mutacismo”). Fugge lontano e la narrazione assume i toni ora dell’epistolario tra padre e figlia (“Al fiume, infatti, affiderò le lettere, ciascuna in una bottiglia”), ora del diario (“Hanno scritto declino irreversibile”).
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La lunga strada di sabbia di Pier Paolo Pasolini (qlibri)
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Arrivo a Ostia con un temporale blu
La lunga strada di sabbia è un percorso geografico e letterario (“Solo, con la mia millecento e tutto il Sud davanti a me. L’avventura comincia”) compiuto nel 1959 da Pier Paolo Pasolini.
Da Ventimiglia a Trieste si susseguono le tappe.
E sono ricche di suggestioni letterarie:
“Fregene – Vado subito a salutare Moravia, ritirato alla Villa dei Pini, fresco come un ragazzo, a scrivere il suo nuovo romanzo, La contemplazione e la noia… Fellini mi ha scritto una cartolina chiamandomi «fedelissimo Paolino» (il fondo pascoliano di Fellini lo porta al diminutivo).”
Di impressioni poetiche:
Da Ostia a Napoli – “Arrivo a Ostia con un temporale blu come la morte. L’acqua svapora, tra tuoni e fulmini. I villeggianti sono stretti nei bar, sotto i capanni, con la coda tra le gambe. Gli stabilimenti, vuoti, paiono immensi… Dovevano darlo a te, lo Strega… Ma io mentalmente la tradisco già con l’altra Elsa, Elsa Morante: sono già tutto laggiù nel meridione, all’isola di Arturo.”
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Il gioco del ragno di Donatella Perullo (i-libri.com)
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Dai tempi di Aracne delle Metamorfosi di Ovidio, il ragno è animale che colpisce scrittori e lettori per potere immaginifico e di rappresentazione. La mente va – ad esempio - a Il bacio della donna ragno di Manuel Puig (chi si ricorda il film da premio Oscar?) o a Spiderdi Patrick Mc Grath. Su questa scia, anche Donatella Perullo sfida aracnofobi e aracnofili e così propone Il gioco del ragnonel noir fresco di pubblicazione delle edizioni Fanucci.
La storia inizia con una scena molto forte, una provocazione alla sostenibilità della lettura: è “la strage di via Caravaggio”, alla quale sopravvive un giovane testimone, quell’Andrea Suarez, che – anni dopo l’antefatto - ritroviamo a capo di una squadra di poliziotti: la bella Eva, il sovrintendente Carmine Rizzoli, l’ex hacker Felice Del Vecchio e i gemelli Martinelli (“L’Eremo si trovava all’ultimo piano del commissariato”).
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Finché dura la colpa di Crocifisso Dentello (qlibri)
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Andiamo a prenderci quello che ci spetta
Domenico è un ragazzo “difficile”: ha vissuto il trauma infantile della scomparsa del fratellino (“Vincenzo finì nella triste statistica dei bambini scomparsi … Vincenzo perso dietro al suo amico immaginario - ndr: Matito - io divorato dai miei fantasmi letterari. Entrambi perennemente assorti sulle nostre voragini interiori”), è vittima di bullismo, patisce l’emarginazione scolastica e le sfuriate di un padre che cerca di imporgli una schema di vita più “normale”; trova rifugio e conforto soltanto nella lettura (“Persuaso che le pupille che leggono tradiscono sempre una luce più tenue perché più usurata”), che pratica con accanimento.
Con queste premesse e pieno di complessi anche sessuali, Domenico intreccia una strana amicizia con Anna (“Provai un’istintiva simpatia per questa ragazza che, come me, era uscita di casa per leggere Pasolini nella penombra di una stazione, in mezzo al flusso di chi parte e di chi arriva”), rifiuta il lavoro in fabbrica che il padre gli ha procurato (“Io non c’entro nulla con questa pletora di umiliati e offesi”) e si lascia irretire dalle promesse di Agosto, losco personaggio (“Sai, ci sono due modi per liberarsi della mediocrità. Uno è l’arte e l’altro è l’azione. Sono connesse tra loro ma l’azione è su un gradino superiore rispetto all’arte. C’è stato un solo artista che l’ha capito, Rimbaud appunto. Prima ha scritto versi e poi è andato in Africa a vendere armi”), con il quale attua una vendetta ambivalente (“Lunedì. Questo lunedì. Andiamo a prenderci quello che ci spetta”).
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