Le recensioni di Bruno Elpis
La campana di vetro di Sylvia Plath (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
La campana di vetro, l’unico romanzo di Sylvia Plath, è un’autobiografia neanche troppo dissimulata. Scritta con uno stile altamente originale, l’opera trasuda angoscia e patimento da ogni parola. La successione degli eventi è tragica e monotematica.
Il romanzo può essere segmentato in tre fasi.
New York
Il soggiorno a New York si apre con un riferimento alla cronaca (“Fu un’estate bizzarra e afosa quella in cui morirono sulla sedia elettrica i Rosenberg”): Esther (“Ma io non guidavo proprio un bel niente, nemmeno me stessa”) partecipa a un’iniziativa di studio-lavoro (“Eravamo in dodici all’albergo: avevamo vinto tutte quante il concorso di una rivista di moda scrivendo saggi, racconti e moderni risvolti pubblicitari: come premi avevamo ottenuto un impiego di un mese a New York, spesate di tutto, e pile su pile di buoni…”) e intreccia amicizie (“Doreen mi scelse immediatamente. Mi faceva sentire come se fossi stata molto più acuta degli altri…”) rispetto alle quali si caratterizza per atteggiamento sociopatico (“Mi piaceva guardare gli altri in situazioni cruciali. Se c’era un incidente stradale o una rissa o ujn bimbo sotto spirito dentro un boccale di vetro a forma di campana in laboratorio…, mi fermavo e guardavo con tale intensità da non potere più dimenticare”) e deviante (“Credo che mi aspettassi di vedere il corpo di Doreen ancora giacente nella pozza di vomito come una brutta e concreta testimonianza del mio carattere schifoso”). Il soggiorno a New York è garantito da una mecenate (“Io avevo vinto quella di Philomena Guinea, facoltosa romanziera… avevano fatto del suo primo romanzo un film muto con Bette Davis…”), attraversa esperienze alterne (“Avvelenate tutte quante”) e s’intreccia alla frequentazione di un presunto fidanzato (“Buddy Willard mi condusse… dove c’erano delle grosse bottiglie di vetro piene di bambini morti prima di nascere”) in una relazione insoddisfacente (“Raccontai semplicemente a tutti che Buddy aveva la tisi e che eravamo praticamente fidanzati”) che acuisce il disagio personale (“Pensai quanto fosse strano che mai mi fosse venuto in mente prima che ero vissuta pienamente felice solo fino all’età di nove anni”) e i primi segnali della patologia (“Se nevrotica vuol dire volere nel medesimo istante due cose che si escludono a vicenda, bene, allora io sono infernalmente nevrotica”). I primi pensieri di morte (“Il pensiero che avrei potuto ammazzarmi prese freddamente forma nella mia mente come un albero o un fiore”) si affacciano a Adirondacks in occasione di una discesa sugli sci (“Puntai dritto verso il basso”).
Preghiera del mare di Khaled Hosseini (i-libri)
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La Preghiera del mare, recitata da Khaled Hosseini per bocca di un padre in partenza per un viaggio della speranza con il figlioletto (“Tu sei un carico prezioso, Marwan, il più prezioso di tutti”), è intessuta di ricordi, di orrori (“Il cielo che sputava bombe. La fame. I funerali”), di paure (“Pensare a quanto è profondo il mare, a quanto è vasto e indifferente”) e di aspettative (La fiducia che riponi in me mi strazia”).
La prefazione di Saviano pone l’accento sul tema della speranza (“Riuscire a guardare… oltre, portare l’occhio al di là della linea dell’orizzonte, non fermarsi dove il mare e il cielo si toccano, perché la terra non finisce lì, anzi è proprio lì che comincia”) e sul senso di responsabilità del padre, sul quale grava la fiducia del figlioletto.
Le illustrazioni di Dan Williams sono molto belle, si lasciano ammirare per un tempo superiore a quello richiesto dalla brevissima lettura.
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Il giro dell’oca di Erri De Luca (i-libri)
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Il giro dell’oca di Erri De Luca è un romanzo ricco di spunti, con riflessioni e inflessioni interessanti.
Lo sviluppo dell’opera è in crescendo: lo scrittore si rapporta a un figlio mai avuto (“Una donna in gioventù mi disse di avere abortito. Stetti zitto, non contavo niente nella sua decisione presa e fatta”). Inizialmente è quasi un soliloquio (“A noi del maschile non spetta il governo delle nascite”) che prende spunto da una mancanza (“Interrotta la serie delle nascite, ero un ramo senza gemma, o come dice un pescatore amico: uno scoglio che non fa patelle”), poi il racconto si trasforma in dialogo e il confronto, sempre più serrato, si sposta sul piano esistenziale.
Nella fase del soliloquio Erri De Luca affonda nel ricordo: quando marinava la scuola e si nascondeva allo zoo, l’esperienza della guerra dei Balcani, i genitori, e riflessioni su vari temi.
La morte: “Quando mi si è fermato il cuore sulla barella del pronto soccorso, ho sentito il nero, non un colore, era una densità”.
Romolo di Franco Forte e Guido Anselmi (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
Romolo di Franco Forte e Guido Anselmi giunge nelle librerie mentre sul grande schermo approda “Il primo re” di Matteo Rovere.
A distanza di ben 2772 anni dalla fondazione di Roma, i fari della cultura letteraria e cinematografica sono dunque ancora puntati sulla figura leggendaria dei mitici gemelli Romolo e Remo: le loro radici affondano nel terreno di confine tra la mitologia e la storia; le loro origini sono indicate nei genitori naturali – la vestale Rea Silvia (“Sei la figlia di Numitore, una principessa albana!”) e Terazio, schiavo di Amulio, tiranno di alba Longa – e nei genitori adottivi: il pastore Faustolo e la moglie Acca Larenzia. La nascita dei gemelli è avvolta in un alone di mistero divino (vengono attribuiti alla paternità di Marte, visto che quella dello schiavo è innominabile) e primordiale (vengono ritrovati da “una donna di una trentina d’anni, sporca e denutrita… Lupa”… “in una grotta qui vicino… Quella con la grossa pianta di fico, che chiamano il Lupercale”):
“Credo siano stati nutriti da una lupa. Quando li ho trovati, l’animale li stava allattando”.
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