Le recensioni di Bruno Elpis
Il giro dell’oca di Erri De Luca (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
Il giro dell’oca di Erri De Luca è un romanzo ricco di spunti, con riflessioni e inflessioni interessanti.
Lo sviluppo dell’opera è in crescendo: lo scrittore si rapporta a un figlio mai avuto (“Una donna in gioventù mi disse di avere abortito. Stetti zitto, non contavo niente nella sua decisione presa e fatta”). Inizialmente è quasi un soliloquio (“A noi del maschile non spetta il governo delle nascite”) che prende spunto da una mancanza (“Interrotta la serie delle nascite, ero un ramo senza gemma, o come dice un pescatore amico: uno scoglio che non fa patelle”), poi il racconto si trasforma in dialogo e il confronto, sempre più serrato, si sposta sul piano esistenziale.
Nella fase del soliloquio Erri De Luca affonda nel ricordo: quando marinava la scuola e si nascondeva allo zoo, l’esperienza della guerra dei Balcani, i genitori, e riflessioni su vari temi.
La morte: “Quando mi si è fermato il cuore sulla barella del pronto soccorso, ho sentito il nero, non un colore, era una densità”.
La fede: “La fede non è una delle varie intimità che ti mancano, è una tua rinuncia a riceverla”.
La verità: “Ma è proprio questa la manifestazione abituale della verità: è inverosimile”.
Il lettore viene sospinto poi nel dialogo (“E ora basta con questi argomenti smisurati”). Il figlio mai nato provoca lo scrittore sulle sue esperienze di vita (“Sono stato militante rivoluzionario finché c’è stata una folla che agiva così. Dopo di quella, non posso usare il termine rivoluzionario per una condotta individuale”) e autoriali (“Non sai raccontare il ridicolo, un deficit per un narratore”). Lo costringe a confessare la superiorità della lettura (“Chi legge o ascolta non è un recipiente vuoto da riempire, ma un moltiplicatore di quello che riceve. Aggiunge di suo immagini, ricordi, obiezioni”) sulla scrittura (“Se riduciamo questo scambio a quello tra personaggio e autore, allora è certo che prevali tu… da lettore, vorrei incontrare Achab, non il suo autore”) e alcuni limiti (“Lo ammetto. Io posso raccontare solo storie mie. Se qualcuno mi racconta la sua e mi chiede di scriverla, non lo so fare”).
Non mancano aneddoti montanari (“Ero su una parete delle Dolomiti, mi è arrivato addosso il temporale… Vicino a me è spuntata una camoscia con un cucciolo dietro. In mezzo a quel baccano tormentato, scalava tranquilla e misurata con il piccolo… Un coraggio può venire dall’imitazione… Ho seguito l’ordine di una capitana camoscia”), riferimenti all’amata Napoli (“In un quadro di Velasquez c’è la fucina di Vulcano, cavernosa, che riceve la visita di apollo. Questo è la città: scambio di cortesie tra dio del fuoco e quello a capo delle Muse”) e incursioni nell’etimologia (“L’origine della parola mariuolo. Nelle processioni dedicate alla Madonna s’infiltravano i borseggiatori approfittando della folla e della devozione. Mariuolo vinee da Maria, il ladro delle sue cerimonie religiose”).
Il finale è di stampo esistenziale (“Senza di me tu esisti lo stesso. Io senza di te sarei neanche un’ipotesi. Ma qui stiamo facendo a gara a chi esiste meno” dice il figlio; “Figlio… stasera tu puoi dire: io sono. Sei presente e hai più futuro di me”, replicherà il padre) e ha un epilogo introiettivo:
“Prendi il mio posto… nessuno si accorgerà della sostituzione… questo corpo. Te lo cedo...”
“Non me la sento, troppo impegno esistere… preferisco la libertà di dileguarmi.”
Erri De Luca si fa amare per il suo modo un po’ sconnesso di narrare (“I bambini sono i più ghiotti, nascono con una sarabanda di terrori da ammansire con i racconti”) e per gli immancabili aforismi (“Il denaro è un terribile padrone, ma un servo eccellente”).
Bruno Elpis