Le recensioni di Bruno Elpis
Borgo Propizio di Loredana Limone, romanzo vincitore categoria esordienti del “Premio Letterario Federico Fellini”
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Come ogni cosa bella (“La strada che conduceva a Borgo Propizio girava intorno alla collina tra alberi e vigneti. In novembre … era un tripudio delle stupende, calde tonalità autunnali …”), anche il “Borgo Propizio” di Loredana Limone in sé reca uno, forse due, anzi tre germi.
Il primo è lo spopolamento: “… un borgo decaduto. Tra un po’ sarebbe diventato un paese di anziani, per non dire di vecchi. E di fantasmi.”
Il secondo è il pettegolezzo: “Era questo che odiava del borgo. Perciò, dopo la dipartita della madre, era stato necessario allontanare le pettegole del paese.”
Il terzo tarlo è la superstizione. Che fiorisce sulla figura di un ciabattino zoppo, morto tragicamente e in circostanze oscure. E di fronte alla quale, con la protagonista Belinda, anche noi esclamiamo: “Non dirmi che credi ai fantasmi!” Anche se “in paese si diceva che quei muri portassero sfortuna per una vecchia leggenda, o forse un episodio realmente accaduto.”
Il segno dell'untore di Franco Forte (Qlibri)
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Con “Il segno dell’untore” Franco Forte, già autore di romanzi di successo (Carthago, La compagnia della morte, Operazione Copernico), ha vinto il premio Fiuggi 2012 e ha creato il personaggio di Niccolò Taverna, notaio criminale: una specie di détective che riferisce al capitano di giustizia.
Il romanzo è la cronaca di una giornata di indagini: è il 12 agosto 1576 e a Milano, sotto la dominazione spagnola, divampa la peste bubbonica.
“Quelle grida, quei pianti, quelle urla isteriche ormai campeggiavano nella sua mente da giorni …”
“I campanili delle chiese tacevano da diversi giorni … era stato lo stesso arcivescovo Borromeo a ordinare il silenzio, che non era di spregio alle vittime ma contribuiva a rendere meno fragoroso il pianto e l’urlo d’angoscia di tutta la città.”
Il clima spettrale nel quale versa la città è reso con grande abilità.
L'isola e le rose di Walter Veltroni (qlibri)
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Mi sono accostato alla lettura dell’ultimo romanzo di Veltroni con un duplice atteggiamento: di diffidenza, quella che normalmente nutro nei confronti dei politici o degli ex politici, e di curiosità, tipica di chi vuole valutare una nuova ‘versione’ (quella di scrittore) di un personaggio pubblico.
Devo dire che, a lettura ultimata, sono stato percorso dalla dolcezza e dalla nostalgia che pervadono un romanzo che parla di gioventù, di ideali e di progettualità. Perché “L’isola e le rose”, con la tecnica del flash back, narra la storia di un manipolo di giovani (“… al Pincio, si erano giurati di restare amici per sempre. Erano davvero felici, la vita era un libro da scrivere, tutto intorno a loro sembrava sbocciare”) che decidono di costruire una piattaforma, oltre il limite della acque territoriali, nell’Adriatico, a undici chilometri da Rimini, per accogliere una comunità di artisti, poeti e musicisti.
“Doppio sogno” di Arthur Schnitzler
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Nella Vienna degli inizi del XX secolo, il medico Fridolin e la consorte Albertine partecipano a un ballo in maschera.
“…Fridolin… era stato salutato da due maschere in domino rosso che non era riuscito a identificare…”
“…La moglie appena liberatasi da uno sconosciuto dall’aria malinconica e blasé e dall’accento straniero, palesemente polacco, che l’aveva dapprima affascinata, poi all’improvviso offesa e addirittura spaventata con un’insolita parolaccia.”
La festa è l’occasione per i due coniugi per una nuova prospettiva: “…dalla leggera conversazione sulle futili avventure della notte scorsa finirono col passare a un discorso più serio su quei desideri nascosti, appena presentiti, che possono originare torbidi e pericolosi vortici anche nell’anima più limpida e pura…”