Le recensioni di Bruno Elpis
Cinquanta sfumature di grigio di E.L. James
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- Scritto da Bruno Elpis
In questo commento, più che criticare il romanzo, cercherò di comprendere quali siano le possibili cause del successo planetario di un’opera considerata da molti commentatori mediocre e porno-soft, che – oltre ad aver venduto più di quaranta milioni di copie – sta producendo un indotto significativo: sequel (ormai di sfumature ne contiamo centocinquanta: al grigio, si sono aggiunti il rosso e il nero.
Non oso moltiplicare il “cinquanta” per i colori dell’arcobaleno e, peggio ancora, per tutte le sfumature e gradazioni intermedie) gadget, opere parodistiche e chi più ne ha, più ne metta.
Credo che la causa principale di questo successo sia da ricercare nel medesimo motivo per il quale:
- nel vecchio, troppo vecchio, continente spopolano format e programmi trash come i reality: le decine di edizioni de “il grande fratello” e tutte le varianti madrigaliche (la fattoria!), spionistiche (la talpa!), con ragazze procaci (la pupa e il secchione!) e bamboccioni (i mammoni!) e simili;
- le riviste patinate e di gossip prosperano, mentre i libri patiscono la crisi come, e forse più di, qualsiasi altro comparto culturale.
Per dirla con il vecchio (e dicono sorpassato) Freud, a mio parere, la causa del trionfo commerciale delle “Cinquanta sfumature” deve essere ricercata in una parafilia o perversione comunemente nota sotto il nomen di voyeurismo: una pulsione scopofilica (che Jaques Lacan chiama anche ‘libido scopica’) grazie alla quale il piacere viene raggiunto guardando o spiando gli altri.
Per converso, la James potrebbe essere proclive ad una parafilia complementare: l’esibizionismo, esercitato in modo accademico nella scrittura.
Sicché, grazie alla complementarietà delle due inclinazioni - e qui passiamo dalla psicologia all’economia - si realizza magicamente un incontro della curva dell’offerta (limitata) con quello della domanda (sostenuta e quantificabile in almeno quaranta milioni di lettori), in un punto particolarmente alto per la felicità della James e di chi la produce.
Ma vorrei offrire qualche ulteriore spunto a questa sterile riflessione che sto declinando ad alta voce.
Primo: il voyeurismo era considerato dai manuali un fenomeno principalmente maschile. A questo punto potremmo chiamare in causa una terza scienza, quella statistica, per verificare sul campo, grazie a un campione rappresentativo di lettori, se l’assunto è veritiero o richiede un aggiornamento evolutivo.
Secondo: il voyeur di solito è timido. Dunque dobbiamo considerare la timidezza una piaga della nostra società?
Terzo: esibizionismo e voyeurismo hanno conosciuto nuove manifestazioni. Come quella praticata da chi ‘consuma’ (non sto parlando di cibo o di bevande) nei parcheggi pubblici per farsi guardare. O il “dogging” che consisterebbe nel fare sesso all’aperto, nella speranza di essere osservati. E se la variante libresca fosse una nuova forma – più cervellotica, domestica e privata – di queste nuove tendenze?
Quarto: è possibile ipotizzare che i lettori, almeno una parte di loro, concepiscano – dopo la fase passiva del voyeurismo – un’applicazione attiva di quello che hanno appreso dalla carta stampata o dagli e-book?
Quinto: possiamo invocare un meccanismo di sostituzione tra sesso praticato e sesso immaginato? In caso affermativo, dovremmo invertire il vecchio adagio secondo il quale “vale più la pratica che la grammatica”?
E adesso una confessione. Per onestà nei confronti di chi mi legge. Non ho letto le “Cinquanta sfumature di grigio”. Quindi la mia critica è aprioristica. Infarcita di pregiudizio. E, per par condicio, rimando a un altro commento. Consapevole che chi ha letto il libro potrà facilmente smentire...
… Bruno Elpis
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