Le recensioni di Bruno Elpis
Cati di Rossana Campo (qlibri)
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Abbiamo scelto la via dei miracoli
Cati di Rossana Campo è l’adolescente che una schematica visione dualistica della società annovera tra le persone devianti, non integrate (“Perché una cosa che pensavo io era che ci sono due tipi di persone, quelli che si adattano a qualunque cosa e studiano e abbassano la cresta… Quelli come me vogliono sentirsi liberi e creativi a modo loro…”) e che manifestano il loro dissenso anche esteriormente (“Mi mettevo i miei jeans neri strappati, il chiodo con le borchie e le spille, i miei anfibi…”).
Orfana di madre tanto amata, Cati indirizza la propria contestazione verso la matrigna (“Titti, la principessa del pilates”), verso la psicologa alla quale viene affidata (“Qui la fregatura potrebbe essere dietro l’angolo”) e contro Villa Sorriso, la struttura nella quale viene ricoverata dopo una reazione violenta.
Le vite potenziali di Francesco Targhetta (qlibri)
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Nelle latebre occhialute
Ne Le vite potenziali di Francesco Targhetta, romanzo finalista al Campiello 2018, tra Alberto, Luciano e Giorgio – rispettivamente fondatore, programmatore e direttore commerciale della Albecom di Mestre – le mie simpatie vanno al nerd Luciano (“A lui interessava programmare, non aprire aziende”). L’antitesi umana dello sportivo Fulvio (“I ragazzi come lui erano pochi nelle aziende informatiche, dove per lo più si annidavano persone del tipo opposto, rifugiatesi lì nella convinzione di poter evitare lo scontro con le proprie eterne nemesi: anche nelle latebre occhialute, invece, arrivavano esemplari dell’umanità oppressiva e machista, quella che gli individui come Luciano avevano cercato di scansare fin dall’asilo…”), che ha inguaiato Matilde… Sembra il gioco delle figurine, una tira l’altra. Peccato che – tra queste figurine – uno rischia di smarrirsi.
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Le assaggiatrici di Rosella Pastorino (qlibri)
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Adolf Hitler era un essere umano che digeriva
Amici così, nella segregazione
Le assaggiatrici di Rosella Pastorino – premio Campiello 2018 - sono un gruppo di donne selezionate come cavie: il loro compito è quello di anticipare i possibili effetti di un avvelenamento delle pietanze destinate al Führer (“La colazione, che noi facevamo subito, mentre Hitler la faceva intorno alle dieci, dopo aver ricevuto le notizie dal fronte”).
Tra le assaggiatrici (“Ulla era un bocconcino, così la chiamavano le SS”), alcune si caratterizzano per personalità: su tutte, la narratrice Rosa e la rustica, misteriosa Elfriede che, dopo alcuni contrasti iniziali, raggiungono un’intesa essenziale ancorché spigolosa (“Si diventa amici così, nella segregazione”). Ed è proprio lo spirito di solidarietà che si crea tra Le assaggiatrici (“Che la vedovanza, effettiva o potenziale, fosse una condizione comune non mi consolava”) – sotto il comune denominatore della paura – l’elemento che infonde ritmo narrativo a un romanzo che ripercorre in forma romanzata la follia di Hilter e alcuni episodi degli anni della dittatura nazista e del suo delirio imperialista.
Il movente è sconosciuto di Marco Santagata (qlibri)
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Il canto del cigno di un uomo stonato
Marco Santagataconcepisce una vicenda incentrata sull’individuazione di quale sia Il movente sconosciuto di azioni inconsulte, criminose, compiute da un personaggio al di sopra di ogni sospetto.
La ricerca del movente sconosciuto viene condotta dal punto di vista di marito e moglie.
Lui, Luigi Ferrari (“Seguito a chiedermi come sarebbe il canto del cigno di un uomo stonato”), patisce il rapporto coniugale (“? nervosa, acida. Lo è sempre di prima mattina, ma questa mattina è più astiosa del solito”), ha trascorso una vita passiva (“Nella mia vita c’è sempre stato qualcuno o qualcosa che ha deciso per me”), da impiegato modello. Due volte si reca a Monticello (“Alle Fontanelle ci sono nato”) e commette due omicidi (“Sto dando di matto? Il mio cancro è al fegato, mica al cervello!”).
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