Le recensioni di Bruno Elpis
Psycho di Robert Bloch (Milanonera)
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- Scritto da Bruno Elpis
“Il Saggiatore” riscopre le fonti letterarie dei film di Hitchcock e, naturalmente, in questo percorso non può mancare “Psycho” di Robert Bloch.
Norman Bates gestisce un motel tanto sinistro quanto poco frequentato (“Tutti ormai prendono la nuova strada”): è un uomo solitario e vive con l’anziana madre (“La mamma era… strana… a proposito di certe cose”) in una tetra stamberga appollaiata su un’altura che domina lo spiazzo del motel.
Una sera Mary Crane – che ha appena commesso un furto, spinta dal desiderio di aiutare il fidanzato Sam Loomis a pagare i debiti – capita nel motel. Norman fa il galante, la invita a cena a casa sua e le confessa qualche piccolo segreto: “Mi diletto semplicemente di tassidermia. George Blount mi ha dato quell’allodola da imbalsamare. E’ stato lui ad abbatterla. La mamma non vuole che maneggi armi da fuoco”.
La reazione della possessiva mamma è feroce: accoltella la malcapitata Mary nella doccia, occasionando quella che diverrà una delle scene più celebri della storia cinematografica.
Norman è figlio fedele e soggiogato: “Ora l’essenziale era far sparire le prove. Il corpus delicti.” E la palude è il luogo ideale per fagocitare ogni prova.
Intanto la sorella Lila contatta Sam per denunciare la sparizione di Mary. Alle ricerche partecipa anche l’investigatore Milton Arbogast.
La narrazione procede accarezzando il senso del brivido (“Non aveva bisogno di assegnare la numero sei. La numero sei era stata la stanza della ragazza”) e compiacendosi (“Era inutile piangere sul latte versato. Anche se non era stato precisamente latte”) nell’esplorare la gravità del baratro psicologico (“la pratica porta alla perfezione”) ove precipita Norman, disposto a tutto pur di rivendicare la sua innocenza: “Solo di una cosa era lieto: di non essere responsabile di quanto era accaduto”.
Gli elementi terrificanti del romanzo trovano nella rappresentazione istrionica della psicosi (“quando si ha una sensibilità psichica eccezionale, si possono avvertire le vibrazioni”) un’espressione potente e teatrale: “Era semplicemente in trance, in quella che si chiama animazione sospesa. Sapevo come farla rivivere. Ci sono dei sistemi, sapete, anche se qualcuno li chiama magia”. In questo modo, uno dei più famosi complessi di Edipo si ricompone nell’epilogo e “l’empia trinità” composta da Norman-Norma-Normal riproduce il trio burattinaio-marionetta-maschera.
Il romanzo è una sceneggiatura perfetta e originale, da gustare con la memoria del film e da leggere attraverso la lente delle immagini in bianco e nero del film di Hitchcock.
Bruno Elpis