Le recensioni di Bruno Elpis
Il giallo d’arte di Malgradopoi è “Blanca” di Patrizia Rinaldi
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- Scritto da Bruno Elpis
Di Patrizia Rinaldi (cliccando sul nome sarete indirizzati al suo sito personale) ci siamo occupati in passato quando abbiamo commentato “Tre, numero imperfetto”. Già in quell’occasione abbiamo avuto modo di scoprire una scrittura originale, vibrante, inconsueta.
Poi l’abbiamo intervistata, e ci siamo riconfermati: Patrizia Rinaldi ha una sensibilità straordinaria, che trasfonde con apofonie e gradazioni varie nel personaggio di Blanca da lei creato.
Ci aveva incuriosito quanto di lei afferma Maurizio De Giovanni, uno dei maestri della narrativa italiana, definendo la sua scrittura “sinuosa, morbida e affascinante” e la storia “un romanzo di genere fuori dal genere.”
In realtà “Tre, numero imperfetto” è il secondo episodio che ha per protagonista Blanca. Oggi, in libreria con le Edizioni e/o, Patrizia Rinaldi propone ai suoi affezionati lettori “Blanca”, il romanzo che è l’antecedente di “Tre, numero imperfetto”. E concordiamo con Francesco Durante che sul Corriere del Mezzogiorno – come si legge anche nella quarta di copertina - ha qualificato l’opera “un giallo caratterizzato da una rimarchevole consapevolezza stilistica”.
I casi estivi
In “Blanca” la sovrintendente Blanca Occhiuzzi affronta i casi estivi: i soliti mass media “li hanno chiamati così, i casi estivi, come fossero ombrelloni.”
Il primo reato sembra di matrice malavitosa: “Nello stradone dei 600 Alloggi, zona Monteruscello, un cadavere era inchiodato al marciapiede da un foro in fronte.”
Seguono poi diverse sparizioni misteriose di ragazzi giovani.
La prima: “… sono Ruggiero Marchòv e sono qui con Cettina Di Somma, mia moglie, per denunciare la scomparsa di suo… di nostro figlio, Vittorio.”
“Eravamo nel porto qui davanti, con la Regina dell’Unico Mare, la mia barca, quando Vittorio si è allontanato. Ci siamo rivolti al commissariato più vicino.”
In secondo luogo si apprende che anche il figlio di Marinella Di Somma è scomparso: “Gabriele ha pensato bene di scappare da casa di suo padre.”
La terza in ordine cronologico a presentarsi al commissariato è Margherita Meini: “In risposta a un periodo di crisi matrimoniale … il signor Gianni Russo aveva preso la figlia (ndr: Ninì) e l’aveva portata via.”
Ovvio, tre casi di scomparsa sono molti, perfin troppi: rappresentano “la coincidenza di assenze diverse di persone con pochi anni addosso.”
“Forse il caldo stava semplicemente sciogliendo la cera delle candele più esili.”
Ma ciò che fa decisamente impennare l’attenzione degli inquirenti è un secondo assassinio: un femmicidio (“O dorme o è morta”), la vittima è … Margherita Meini.
“Margherita è stata uccisa non si sa dove. La prima coltellata alla schiena le ha spaccato il cuore, gli altri due colpi sono di rappresentanza.”
Dopo l’omicidio il corpo è stato trasportato: “La Riserva degli Astroni è caratterizzata da un cratere vulcanico dei Campi Flegrei.”
Il commissariato di Pozzuoli
Patrizia Rinaldi crea un’atmosfera particolare al commissariato di Pozzuoli, scolpendo gli attori che lo popolano attraverso caratterizzazioni destinate a suscitare affetto e immedesimazione nel lettore.
Perché l’autrice crea una simpatica (in senso etimologico), intrigante tensione tra l’ispettore Arcangelo Liguori, una specie di dandy dalle origini aristocratiche (“Prendevo appuntamento con Simone de Beauvoir e mi domandavo se il pantalone bianco potesse sembrarle frivolo”) e il commissario Martusciello: un tipo fiero del proprio essere “popolano”, grezzo e genuino (“Il commissario cominciò con la solita storia del perché Liguori, cavaliere e proprietario… avesse voluto deludere le aspettative dei nobili genitori proprio a suo danno”).
Naturale che da questa antinomia (“Liguori era lo straniero, Martusciello era il paesano…”) scocchino battute beffarde (“Ma tu davvero ci provi gusto a mostrarti tanto ordinario?”), provocazioni (“La Di Somma, amica tua, lo sa che sei un puttaniere pure tu? Un puttaniere neoclassico”) e scambi degni della miglior commedia:
“Beato te, non tieni pensieri.”
“No. Mi vado solo a prendere la felicità che gli altri scartano…”
… Martusciello non sopportava i propri luoghi comuni, ma neanche le originalità costruite da Liguori…
Ma la vera protagonista del commissariato è lei:
Blanca
La “Sovrintendente Blanca Occhiuzzi … E poi dicono che i nomi non si portano appresso un consiglio malevolo.”
Ipovedente (“Un po’ ci vedo. Ombre.”), giunge alla destinazione partenopea con un fedele amico, Linneo (“Il cane accompagnò la donna alla sedia. Non si capiva chi dei due decidesse i movimenti”), per mettere al servizio della giustizia umana la sua particolare abilità:
“Sono specializzata in décodage, decodificazione dei suoni. Interpreto quelli già registrati nelle intercettazioni telefoniche.”
“Una persona che non ci vede bene ci sente meglio di chi tiene gli occhi e, sentendo sentendo, può capire, che ne so, i nervi, le paure e se uno fuma oppure no dentro le intercettazioni.”
Stile, luoghi e colonna sonora
Dello stile di Patrizia Rinaldi abbiamo già detto: intenso (“Mostrava una semplicità voluta e stagioni di cura di sé”), profondo (“L’alfa privativo nel tempo è diventato la A di amore. Se l’amore è il contrario della morte”), mai scontato nelle descrizioni (“Liguori e Martusciello entrarono in macchina. L’ispettore avviò una musica e le strade si accordarono al suono”).
I luoghi sono quelli che noi italiani amiamo (“Pozzuoli, Puteoli, piccoli pozzi.” “Puteoli, serbatoi naturali di momenti senza importanza.”), che sanno stimolare i nostri sensi (“La collina di Posillipo si annunziò preziosa e disfatta. Marinella ne sentì il sapore di datteri di mare e dolci arabi … La bellezza prepotente la indispettiva, non concedeva confronti. L’incanto bastava a se stesso e offendeva il resto”) e invadono il nostro cuore (“Tufo grezzo e merletti rovinati, la precisione della magnificenza sprecava architettura, decadenza e dolore”).
Il romanzo si chiude con la toccante evocazione della causa della cecità di Blanca, un ostaggio nel ricordo della sorella Graziella. Ma non sarò certo io a rivelarne i dettagli. Dirò soltanto che il capitolo è anche musicato dai Rolling Stones: “La canzone nostra è Angie … Primo perché è una delle canzoni più belle del tempo e uno può anche scegliere nella preistoria se gli aggrada. Secondo perché pure le parole non sono male. Terzo per la copertina. I pruriti giovanili…”
Adesso mi sento più leggero, perché credo che siano chiari i motivi per i quali abbiamo eletto “Blanca” giallo d’arte dell’estate 2013.
Bruno Elpis
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