Le recensioni di Bruno Elpis
Le Catilinarie di Amélie Nothomb (qlibri)
- Dettagli
- Categoria: Recensioni
- Scritto da Bruno Elpis
L’horror della Nothomb
Il titolo dell’opera
Viene preso in prestito dalle orazioni pronunciate nel 63 a.C. dal terrore di tutti i licei: il famigerato Cicerone che articola ben quattro discorsi per avventarsi - con l’arte della retorica - contro Catilina, capo della congiura che voleva minare gli ordinamenti repubblicani.
“Quo usque tandem Catilina abutere patientia nostra?”, il celebre incipit del retore ben si presta ad essere applicato alla storia di due anziani coniugi: ritiratisi in campagna, devono fare i conti con un odioso e invadente vicino, che li obbliga ad esercitare l’arte che rese proverbiale Giobbe: quella della pazienza.
“Senza rendermene conto, cominciavo a parlare con impeto: mi lasciavo trascinare come il Cicerone della prima Catilinaria”.
I personaggi della storia
I due coniugi si chiamano Emile (“Ero professore di latino e greco al liceo”) e Juliette (“Juliette è sempre stata mia moglie; è stata anche sempre mia sorella e mia figlia”).
La casa in campagna, ove si trasferiscono, rappresenta un sogno: “Quando abbiamo visto la Casa, abbiamo provato un delizioso sollievo: esisteva, allora, il luogo al quale aspiravamo dall’infanzia”. E, almeno inizialmente, concretizza un idillio: “E di colpo abbiamo capito che questa vita era quella a cui avevamo sempre aspirato”.
Però … però, poi arrivano i coniugi Bernardin, creature nelle quali converge …
… l’horror della Nothomb
Lui, Palamède Bernardin, “aveva l’aria di un buddha triste”. Si presenta dai vicini tutti i giorni alle quattro pomeridiane e li assedia sino alle sei con la sua ingombrante, antipatica, inquietante presenza: “Era chiaro che le parole sì e no costituivano l’essenziale del suo vocabolario”. Diventa un incubo, contro il quale i malcapitati coniugi tentano varie e vane reazioni: “Lo sa che è stato Palamede a inventare il gioco dei dadi, durante l’assedio di Troia?”
Lei, Bernadette, ricorda un personaggio del Fellini Satyricon: l’ermafrodita nella grotta. “Era spaventosa quanto la creatura felliniana”.
Se volete un assaggio dell’horror di Amélie, eccovi accontentati: “Bernadette non possedeva naso; vaghi pertugi sostituivano le narici. Alcune fessure sottili situate più in alto comprendevano i globi oculari … Quello che mi faceva più impressione era la bocca: la si sarebbe detta quella di una piovra. Mi chiedevo se quell’orifizio avesse la facoltà di produrre suoni”. Non è un pezzo degno di Lovecraft?
E per infierire sulla poveretta: “Ne bevve il contenuto d’un sorso, muggendo come un ibrido tra un facocero e un capodoglio”.
Per una visione d’insieme della coppia: “Palamède si allontanò nella notte tirandosi dietro il suo peso morto matrimoniale. Sembrava un grosso marinaio che trainava una chiatta”.
Ma l’horror richiede anche un’adeguata ambientazione: “Quella casa orribile, desolante, mefitica, grottesca, bisunta, scomoda, e soprattutto quella proliferazione di orologi … l’inferno doveva essere così.”
Negli orologi, un simbolo del perturbante: “Unica luce, in fondo al tunnel, era la morte. E i venticinque orologi di casa scandivano il ritmo lento e sicuro che ve lo conduceva”.
Un’annotazione stilistica
Amélie, in almeno tre circostanze, conia aggettivi mutuandoli da scrittori/poeti: “un motivo mallarmeano”, “un rutto melvilliano”, una “tracimazione lamartiniana”.
Copiandole il brevetto, noi potremmo parlare di “cattiveria nothombiana”?
Bruno Elpis
http://www.qlibri.it/recensioni/romanzi-narrativa-straniera/discussions/review/id:33905/