Le recensioni di Bruno Elpis
Fiori sopra l’inferno di Ilaria Tuti (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
Teresa Battaglia è nata il 20 maggio 1958. Ha il combattimento nel cognome e un proclama nel nome (“Le aveva dato quel nome perché credeva che significasse tesoro… in realtà voleva dire cacciatrice”). È una donna con mille difficoltà personali (“Si fugge da ciò che spaventa o ferisce, o vuole farci prigionieri”), ha un carattere scostante e una determinazione non comune. A lei – che possiede quello che normalmente definiremmo un brutto carattere - ci si affeziona scorrendo le pagine scritte da Ilaria Tuti tra i Fiori sopra l’inferno.
Nell’avventura d’esordio, il commissario Battaglia si confronta con il mistero che aleggia su un gruppo di bambini - Mathias, Oliver, Diego, Lucia, “fratelli di sangue” – e sui loro giochi a Travenì, località delle Dolomiti friulane ove la natura impervia, la temperatura inclemente, la foresta e la diffidenza popolare (“Vedete tutti come intrusi… Travenì era protettiva nei confronti dei suoi abitanti e diffidente verso l’esterno”) rendono ogni cosa più difficoltosa e impenetrabile.
Quando il padre di uno dei bimbi viene ritrovato senza vita e sfigurato (“Il padre di Diego: era senza occhi. Qualcuno glieli aveva strappati, come a santa Lucia…”), la scena del crimine (“Ritualità. Mutilazione. Staging… sembra un inizio”), i particolari del ritrovamento (“Questo feticcio rappresenta l’assassino”) e i principi della criminologia (“La criminologia è un’arte. L’arte di imparare a scrutare cose che uno come te neanche intravede. Ma non è magia: è interpretazione. È probabilità, statistica…”) instillano il timore di una serialità che inorridisce e al tempo stesso sfida chi tutela la sicurezza della comunità montana.
Senza svelare la trama, per lasciare inalterato il senso della curiosità, della tensione e della sorpresa che provoca nel lettore la compulsione a girare le pagine del romanzo, accenniamo soltanto alla temerarietà manifesta (“Le impronte della mano responsabile di quel gesto erano impresse a decine sulla casa… Pitture rupestri… Anche le orme delle scarpe sono ovunque”) e all’insolita ritualità (“Vista. Olfatto. Udito. È questo che ha preso alle vittime… Ladro di sensi…”) che sembrano ipotizzare l’esistenza di una creatura primitiva e selvaggia, che vive in simbiosi con la natura aspra dei luoghi e si manifesta in modo spettrale e spaventoso (“Lui si tinge il volto per assomigliare a un teschio”).
Le indagini porteranno a svelare connessioni con esperimenti psico-sociologici (“C’era qualcosa di sbagliato nella Scuola… Agnes Braun le aveva spiegato la regola dell’istituto: Vedi. Osserva. Dimentica.”) che conferiscono al thriller di Ilaria Tuti una dimensione di ricerca e spingono a interrogarsi – con il contributo della fantasia e dell’invenzione romanzesca - sui limiti e sulle potenzialità della natura umana (“L’uomo primitivo sopravvive in noi, così come ogni gruppo umano può ricostituire l’orda primitiva”, Freud) in una formula narrativa interessante che coniuga il poliziesco con la psicanalisi, la giustizia con la compassione, l’antropologia con la criminologia, l’amore per la natura con l’introspezione.
Bruno Elpis