Le recensioni di Bruno Elpis
Le otto montagne di Paolo Cognetti (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
Le otto montagne di Paolo Cognetti è il romanzo neo-vincitore del premio Strega giovani 2017.
L’opera si articola in tre parti (Parte prima: “Montagna d’infanzia” - Parte seconda: “La casa delle riconciliazione” - Parte terza: “Inverno di un amico”) ed è ambientata in un paesino di montagna (Grana), Monte Rosa, un luogo dal quale il protagonista si allontana e torna (“Può anche apparirti del tutto diverso, da adulto, un posto che amavi da ragazzino, e rivelarsi una delusione; oppure può ricordarti quello che non sei più e metterti addosso una gran tristezza”).
È la storia di un’amicizia genuina tra il protagonista Pietro (“Ero scappato dalle sue mucche, e mi portava via dai miei libri”) e Bruno, un vero e proprio montanaro (“C’era qualcosa di assoluto, in Bruno, che mi aveva sempre affascinato. Qualcosa di integro e puro che fin da quando eravamo ragazzini ammiravo in lui. E lì per lì, nella casetta che avevamo costruito, ero quasi disposto a credere che avesse ragione: che il modo giusto di vivere per lui fosse quello, da solo nel pieno dell’inverno, senza niente se non un po’ di cibo, le sue mani e i suoi pensieri, anche se sarebbe stato disumano per chiunque altro”), una storia che vive di alti e bassi, allontanamenti e riprese tra due poli al tempo stesso così diversi, affini e complementari. Un’amicizia che si concretizza nella costruzione di una casupola in un posto impervio (“Una bellezza cupa, aspra, che non infondeva pace ma piuttosto forza, e un po’ d’angoscia. La bellezza dell’inverso”).
Ma è anche la storia di un difficile rapporto con un padre, Giovanni Guasti, innamorato della montagna, un padre che improvvisamente viene a mancare e – come spesso accade – in quel momento il figlio s’interroga su di lui e, in qualche modo, lo ricerca (“Ne trovai altri, di messaggi di mio padre, nelle settimane successive, studiavo la mappa dei sentieri e me ne andavo a cercarlo sulle cime…”) per incardinare un dialogo che è sempre mancato.
Poi Pietro compie alcuni viaggi in Nepal e vive la montagna in una nuova esperienza che, tuttavia, non lo allontana dalle radici e dal passato.
Il libro ha un fondo di tristezza soffusa e diffusa (“Da mio padre avevo imparato, molto tempo dopo avere smesso di seguirlo sui sentieri, che in certe vite esistono montagne a cui non è possibile tornare. Che nelle vite come la mia e la sua non si può tornare alla montagna che sta al centro di tutte le altre, e all’inizio della propria storia. E che non resta che vagare per le otto montagne per chi, come noi, sulla prima e più alta ha perso un amico”), ma offre molti spunti per gustare i valori dell’autenticità dei rapporti umani e l’estetica della natura. Non è dunque sorprendente che sia piaciuto ai giovani.
Bruno Elpis