Le recensioni di Bruno Elpis
Nel momento (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
“Nel momento” di Andrea De Carlo è una spietata anatomia della crisi di un rapporto, che pone un drammatico interrogativo: come ripartire?
La crisi del rapporto
Esplode per caso, con un incidente (“La mattina del cinque marzo sono uscito da solo e di umore sospeso perché il tempo era brutto e perché avevo una strana curva nei pensieri, e il cavallo mi ha preso la mano”). Un’attività ordinaria (“Era uno degli aspetti dell’andare a cavallo che mi avevano affascinato fin dall’inizio: il dover stare in guardia ma non rigidi di tensione, attenti ai minimi segnali eppure parte di un equilibrio molto più ampio e mobile, dove nessun gesto può garantire effetti permanenti”), svolta da tempo (“Lavoravo con i cavalli già da cinque anni”)… Eppure è proprio quella l’occasione per ripensare al rapporto (“Ho provato a pensare a prima di Anna e a prima dei cavalli, e mi sono reso conto che non ero mai stato felice”) e al suo fallimento (“Non mi veniva in mente nessuna gioia non interrotta dal dovere, nessuna sorpresa non diluita dall’abitudine, nessuna allegria non velata dalla noia, nessuna fantasia non inchiodata a terra dal peso stolido della realtà”).
Il narratore s’imbatte in Alberta e Riccardo (“Li ho guardati, e sembravano fermi in un territorio di parole esaurite, uno di fronte all’altra in attesa di ispirazioni o di soccorsi esterni”) e anche in loro ravvisa il fallimento (“A distanza ravvicinata potevo vedere segni molto fisici del suo scontro con Alberta che da lontano mi era sembrato quasi astratto”) nel solito stile un po’ stralunato di Andrea De Carlo (“Ma il suo sguardo aveva una qualità da diagnosi veterinaria, e sembrava venato di un’insofferenza sedimentata strato a strato…”).
La crisi è ormai tematizzata (“Pensavo ai ruoli, e a come sono più forti delle persone: a come bloccano i punti di vista e stabilizzano i toni di voce, fabbricano ragioni e definiscono strategie permanenti di attacco e di difesa, fanno diventare sordi e insensibili”), la diagnosi è impietosa, anche se attutita dallo stile: “Il processo che porta due persone che un tempo non si conoscevano a parlarsi con un’esasperazione così intima e sommessa, da esseri simbiotici logarati dalla propria simbiosi. Pensavo alla colla invisibile che continua a legarli anche quando le ragioni creative e gioiose e ottimistiche del loro stare insieme si sono dissolte da un pezzo: ai filamenti resistenti di abitudine e familiarità e autoinganno, paura del vuoto”.
Il narratore la comunica al figlioletto: “Ognuno dei due pensa talmente di sapere come è fatto l’altro da non lasciarlo libero di essere in nessun altro modo”.
Come ripartire?
Per caso. Imbattendosi in Maria Chiara, la sorella di Alberta.
La soluzione forse sta in una forma di resistenza (“Facevo sbarramento per non lasciar passare nessuna immagine del centro di equitazione di Anna; volevo solo immagini con un arco di vita di meno di ventiquattr’ore”), che rende possibile la cristallizzazione del momento (“La mia percezione del momento era così viva e apprensiva e anche incredula, avevo una paura costante di scavalcare i suoi confini”) e il desiderio “di essere dentro un momento e non uscirne mai”.
Bruno Elpis