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Le recensioni di Bruno Elpis

Essere vivi di Cristina Comencini (i-libri)

coverEssere vivi”, non soltanto nell’opinione di Cristina Comencini, indica un modo d’essere - nel bene e nel male - che si contrappone al lasciarsi vivere, all’accettare abitudini e stati nei quali la vita spesso si cristallizza e finisce… anche a costo di scelte estreme… 

Adottata all’età di sei anni (“Mio padre e mia madre mi hanno adottato a sei anni, mio marito lo sa, i miei figli no, sono ancora piccoli”), Caterina ha un sesto senso che le consente di intercettare le storie degli altri (“Del silenzio dei miei primi sei anni, oltre la gamba più corta, mi è rimasta questa facoltà: vedo una persona… e comi grani di un rosario mi scorrono nella mente i fatti più importanti della sua vita”). L’adozione è stata una cesura che ha diviso la sua vita in due tronconi: quello di un’infanzia difficile, quello di una fase successiva nella quale la ragazza vince le difficoltà grazie all’energia vitale di Graziella, una madre piena di volontà e di voglia di vivere. Al punto che non esita ad abbandonare il marito, per andare incontro a una relazione movimentata con Sebastiano, un artista dal profilo instabile e burrascoso. 

La notizia del doppio suicidio giunge a Caterina (“Autós, stesso e opsía, vista, vedere con i propri occhi la causa di una morte”), in vacanza a Salina con la famiglia, come un fulmine a ciel sereno. Cosa ha indotto la madre, così vitale ed esuberante, ad abbracciare una scelta di morte?

Caterina vola ad Atene. Qui conosce un’amica della madre, Sophia, ex attrice e gallerista; insieme a lei ricostruisce il percorso greco di Graziella. Poi arriva anche Daniele, il figlio di Sebastiano, e l’influenza dei genitori sembra proiettarsi pericolosamente sui due figli (“Ho un pensiero assurdo: mia madre è morta per farmi conoscere quest’uomo”). Sino al finale clandestino, acrofobico e scenografico a Capo Sounion (“Ritrovarsi appesi di notte sullo strapiombo da dove si è gettato Egeo”)… 

Sulle suggestioni di opere come “Zorba il greco” (“Non ho mai amato un uomo più di te… Ehi, ragazzo, hai mai visto una catastrofe così bella?”) e nelle atmosfere che spaziano dalla tragedia classica alle rivelazioni evangeliche (“Non so dirti perché volessero andare a Patmos. Philippos dice per visitare la grotta dell’evangelista, dove pare abbia scritto la fine che ci aspetta tutti”), la breve storia – premio Cesare Pavese 2016 - procede in rapida successione e cattura l’interesse di chi ama il dramma e il risalto psicologico dei personaggi. 

Bruno Elpis 

http://www.i-libri.com/libri/essere-vivi/