Le interviste di Bruno Elpis
Intervista a Franco Forte, autore de "Il segno dell'untore"
- Dettagli
- Categoria: Le interviste di Bruno Elpis
- Scritto da Bruno Elpis
Grazie per aver accettato di rispondere alle mie domande. Franco, sei autore, editor, direttore di rivista, sceneggiatore. In quale dimensione meglio ti identifichi? Quale reputi sia l’attività più congeniale al tuo temperamento?
Dato che mi scoccio a lavorare per più di dieci minuti a una cosa sola, direi che queste attività mi sono tutte congeniali, se non altro perché mi permettono di spaziare da un argomento all’altro, da una tecnica di scrittura all’altra, da un tipo di mestiere all’altro. Credo che se dovessi restare relegato dietro una scrivania impegnato in un lavoro solo, morirei per consunzione in breve tempo…
Con Delos Books hai pubblicato “Il prontuario dello scrittore”, un manuale di scrittura creativa per esordienti. Rimandando gli aspiranti scrittori a un’attenta lettura di questo testo, te la senti di fornire in questa sede un sintetico consiglio?
Il consiglio che posso dare agli esordienti è uno solo, nonostante tutto quello che si dica nei manuali di scrittura come il mio Prontuario: leggete. Ma fatelo sul serio, non come imposizione o per ingannare il tempo per cinque minuti al mese. E’ accertato che il 50% di chi scrive legge meno di un libro all’anno. E questi vorrebbero diventare scrittori? Come direbbe Totò: ma fatemi il piacere…
Molti ti conoscono anche come ideatore e anima dei 365 racconti di Delos Books: del terrore, sulla fine del mondo… quest’anno è la volta delle storie d’amore. Come valuti queste iniziative che hanno così ampio consenso? A cosa imputi questa voglia di scrivere (ahinoi, più che di leggere) che dilaga in Italia?
Sulla voglia di scrivere rispondo comodo: tutti credono che sia facile, basta sputare un po’ di inchiostro sulla carta. Ma quando poi ci si confronta con il mondo editoriale si scopre che è ben altra cosa… Le antologie della serie 365 racconti sono state prima un esperimento coraggioso, poi un sorprendente successo editoriale e adesso un marchio che molti ci imitano (all’ultima edizione del Salone del Libro di Torino c’era da sganasciarsi dalle risate, a vedere quante iniziative simili c’erano in giro). Ma soprattutto sono una palestra straordinaria per gli scrittori, che possono confrontarsi con il mondo professionale e capire i loro limiti (se vogliono) o estendere i loro orizzonti.
E veniamo a “Il segno dell’untore”. Inutile dirti che l’ho letto con continue incursioni mentali ai “Promessi Sposi” (che, lo ricordiamo, sono ambientati nel ‘600, mentre il romanzo di Franco è la cronaca del 12 agosto 1576). Manzoni è il padre del romanzo storico, che tanto successo di pubblico sta riscuotendo ai giorni nostri nelle contaminazioni del thriller e del fantasy storico. Qual è la tua concezione del romanzo storico?
Il romanzo storico è uno strumento per raccontare il nostro retaggio divertendo il pubblico, tutto qui. Non ha pretese di vera ricostruzione della Storia, quella con la S maiuscola. Anche se nulla viene tralasciato, se si studiano persino i minimi particolari di un’epoca, prima di cominciare a scrivere, alla fine ciò che conta sono le vicissitudini dei personaggi, le loro avventure (proprio come ne “I Promessi Sposi”), e quindi si tratta di divertire chi legge. Da parte mia, più che “I Promessi Sposi”, devo dire che sono stato molto colpito e influenzato da un altro libro del Manzoni, “La storia della colonna infame”, dove il mondo di paure e superstizioni del 1600 (e quindi anche del 1500, di cui scrivo io) emerge con chiarezza disarmante.
Come ti sei rapportato all’opera del Manzoni? Come hanno agito in te evocazioni potenti come quella del “turpe monatto” o del lirismo dell’episodio della “Madre di Cecilia”? E Frate Gerardo, che “assisteva i suoi malati con passione e dedizione cristiana”, non si ispira a Frà Cristoforo?
Probabilmente tutto vero, quello che dici, anche se mai intenzionale. Del resto, “I Promessi Sposi” sono stati una lettura molto edificante, per me, dopo averla odiata a scuola. Ho riscoperto Manzoni a 20 anni, quasi per caso, e da allora ho continuato a riprendere in mano i suoi scritti, alcuni davvero illuminanti, persino più del tanto celebrato “I Promessi Sposi” (qualcuno ha mai letto le poesie dell’Adelchi? Fatelo).
La serietà della tua narrazione ‘storica’ è evidente anche nello stile e nella ricerca lessicale, dalla quale traspaiono cultura e amore per le descrizioni. Un esempio? Per descrivere un ambiente sartoriale Franco scrive: “… su tutte le stoffe in lavorazione in quella casa era evidente l’eccesso di guarnizioni, con pistagne ritorte, cadeniglie, granducciati e altri orpelli alla moda…” Io sono fermamente convinto che l’eleganza espressiva e le abilità semantiche siano fondamentali. Spesso la narrativa contemporanea è sopraffatta dalla sciatteria. Tu, che sei così lontano da questa triste realtà, cosa ne pensi al riguardo?
Concordo in pieno. E ti dirò, certi riconoscimenti importanti ricevuti dal mio romanzo, come il Premio Fiuggi Storia o l’entrata nella cinquina dei finalisti del Premio Riviera delle Palme (insieme ad autori del calibro di Baricco, Mazzantini e Faletti), credo siano la dimostrazione proprio di ciò che dici, ovvero che si possano scrivere romanzi storici con trame divertenti e coinvolgenti senza per questo ripudiare la buona scrittura, cosa a cui tengo molto.
A chi decidesse per la prima volta di leggere un tuo libro, quale consiglieresti?
Dipende. Se è un appassionato del romanzo storico di ampio respiro, direi “La compagnia della morte”; se è un amante della storia dell’antica Roma, allora consiglierei “Carthago”; se invece si diletta anche con il thriller e il giallo, allora “Il segno dell’untore” sarebbe l’ideale. Agli indecisi dico: comprateli tutti e poi verificate cosa vi piace di più! ;-)
C’è un tuo romanzo al quale ti senti maggiormente legato?
“I bastioni del coraggio”. Un libro che ha avuto poca fortuna, forse perché l’editore stesso ci ha creduto poco e non l’ha spinto come avrebbe meritato. Credo sia uno dei romanzi più coinvolgenti e intensi che io abbia mai scritto, e anche quello per cui mi sono divertito di più a metterlo insieme, pagina dopo pagina.
Quali sono le letture di Franco Forte?
Tutte, a 360 gradi. Dalle 50 sfumature di grigio a Nietzsche, da Erodoto a Calvino, da Ed McBain a Massimo Carlotto. Con il mestiere che faccio, guai se non avessi la panoramica completa di ciò che sforna l’editoria (e che ha sfornato dall’alba dei tempi…).
Ci anticipi qualcosa sulla tua prossima opera? O è ancora top secret?
Ho parecchie cose in cantiere. Prima di tutto la riproposizione negli Oscar Bestseller, nel 2013, del mio romanzo “Gengis Khan – L’imperatore oceanico”, che era già uscito con Mondadori nel 2000. Tengo molto a questo libro, e mi fa piacere che sia rimesso in circolazione. Poi, sempre nel 2013, dovrebbe uscire il seguito di “Il segno dell’untore”, con un’altra intricata indagine da parte del notaio criminale Niccolò Taverna. Anzi, due, come piace a lui…
Sono solito chiudere le mie interviste con la domanda a piacere: Franco si pone una domanda che nessuno gli ha mai posto e si risponde…
Ma qualcuno leggerà mai tutte le interviste a cui rispondo da anni? Mi piacerebbe saperlo!
Sì, Franco, sono sicuro che qualcuno legge le tue interviste!
Ringrazio Franco Forte per l’ottimo romanzo che ha scritto sulla città che io amo e per la cortese simpatia con la quale ha corrisposto con…
… Bruno Elpis
http://www.malgradopoi.it/recensioni/intervista-a-franco-forte-autore-de-il-segno-delluntore