Le recensioni di Bruno Elpis
Un bambino piangeva di Aldo Nove (i-libri
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- Scritto da Bruno Elpis
Con “Un bambino piangeva” Aldo Nove mette in prosa la poesia dei ricordi di quando bambino – Antonello da Viggiù – si recava dal nonno in Sardegna, per due mesi di vacanza a contatto con lo spirito dei luoghi e della natura, nell’essenzialità del rapporto con Giuseppino e con lo strambo amico Giò, un rapporto realizzato anche grazie a racconti ingenui e storie incredibili.
Dopo un’introduzione ironica nella quale Aldo Nove incorona la Madeleine di Proust, il Capitale di Marx e la Bibbia (“In quanti l’hanno veramente letta?”) come clamorosi bluff letterari (“I libri di più grande successo sono spesso quelli che non legge nessuno”), i ricordi di Antonello – la fine della scuola, la partenza, le notti trascorse con il naso all’insù sul traghetto a guardare le stelle, lo sbarco sull’isola, i tratti percorsi sul dorso dell’asino e gli insegnamenti del nonno – s’intrecciano alle vicende di Saltaro, bambino antico che vive le sofferenze della conquista fenicia, in una cosmogonia fantasiosa e naïf (“Le Janas sono state i primi abitanti della Sardegna. Erano delle donne bellissime e piccole…”).
“Millenni fa…
Un bambino piangeva.
Era Saltaro.
Si era nascosto in una casa delle fate.
Si era infilato lì dentro.
Tra i morti.
La gente della porpora arrivava.”
Tra le righe di un breve romanzo, lo spirito del fanciullo – in una poetica che ricorda quella del “riservatissimo Pascoli, il secondo mio grande amore letterario” - s’incanala nello stupore delle scoperte infantili (“In uno di questi libri… trovai una domanda: Ma le cose, quando noi le guardiamo, restano ferme?”), nella critica alla società della TV e dei centri commerciali, in una visione della storia personale ed elementare (“Lo sterminio che si chiama storia e che avrebbe portato nuovi regni e desolazioni, imperi come onde del mare in burrasca a succedersi l’una all’altra, ricamare sulla stoffa liquida dei millenni”).
Finale intenso, con occhi e cuore puntati a oriente, all’insegna della ricomposizione di un’unità filosofica identitaria e cosmica: nella voluptas flendi, al canto salmodiante dei versi in sanscrito de “Il gran gioiello della discriminazione”, nella luce (“Ero una stella”) e – sarò pessimista? - nella consolazione che solo la letteratura può offrire:
“Non piangere, Amore.
Non piangere più.
Mi stingeva tra le sue braccia, e tutto il mondo era soltanto un gioco”.
Sono lontani i tempi del cannibalismo di Aldo Nove, la strada della poesia sembra essere senza ritorno.
Bruno Elpis