Le recensioni di Bruno Elpis
Come donna innamorata di Marco Santagata (i-libri)
- Dettagli
- Categoria: Recensioni
- Scritto da Bruno Elpis
Come donna innamorata di Marco Santagata ha un protagonista d’eccezione: il poeta che ancor oggi leggiamo, studiamo, ammiriamo. Forse il padre, sicuramente uno dei padri della nostra lingua, ormai soffocata da neologismi esterofili e tecnocratici: il Dante Alighieri che si definì florentinus natione non moribus, che altri chiamarono il ghibellin fuggiasco, che veniva apostrofato “Dantino” dall’amico Guido Cavalcanti (“Vai, Dantino, ti auguro di incontrare presto il tuo angelo”).
In quest’opera di Santagata, esimio studioso di Dante, ci viene presentato il lato umano (“Lei si era rassegnata al fatto che, a venticinque anni suonati, non esercitasse alcun lavoro, ma per i familiari era una ferita aperta e per i loro amici quasi uno scandalo”) del divin poeta: nel suo amore per Beatrice, nella sua amicizia per Guido (Cavalcanti).
Quanto all’amore per Beatrice, al secolo Bice Portinari, il sentimento viene ripercorso a ritroso: dalla morte, prematuramente intervenuta l’8 giugno 1290 (“Per tutti, a Firenze, lui era il poeta di Beatrice. E Beatrice giaceva sul letto di morte insieme a Bice…”), ai primordi. Scorrono così la frequentazione infantile del fratello Manetto Portinari (con lui, l’Alighieri bambino quale gioco praticava? “Si inseguivano tra le stanze e nel cortile interno giocando a guelfi e ghibellini con spade di legno”), gli incontri con l’amata, tanto rari quanto intensi, tutti scanditi dalla magia del numero nove, la sublimazione dell’eros (“Il premio di un poeta vero era riuscire a esprimere un barlume dell’indicibile perfezione dell’amata. Non una dama da salotto, un angelo”), l’ispirazione della poesia, la difficoltà di conciliare quel sentimento con il ruolo istituzionale della moglie, Gemma Donati.
Come risolvere allora la terrena interruzione (“Bice era un angelo, ma di questo mondo. Non poteva mica cantare la meraviglia d’una donna morta. Quante attese venivano sepolte con lei!”) di una forza tanto pura ?
Come proseguire la declamazione dell’amore (“… l’amore, capisci? È estasi. La poesia loda la bellezza del creato. Ti dico di più, amare un angelo in terra solleva l’anima in Cielo. Credimi, l’amore può salvare?”)?
“Cosa sostituire alla contemplazione estatica di un angelo in terra?”
Le risposte risiedono in due momenti della produzione letteraria dell’Alighieri: la Vita Nova (“Sarebbe stato il racconto dell’immenso privilegio che Dio gli aveva concesso. Lo avrebbe intitolato Vita Nova, vita rinnovata dal vero amore”), la terza cantica della Commedia.
Particolarmente accattivante la razionalizzazione che Dante fornisce alle convulsioni epilettiche che lo assalgono (“Adesso aveva la prova: le crisi non erano casuali”): un’interpretazione che lo pone sulla linea di continuità rispetto agli amati classici: Saffo e Catullo – ma è una nostra interpretazione, che assecondiamo fino in fondo riproponendo il testo di Saffo nella traduzione di Quasimodo – già cantori della confusione emotiva che assale l’amante al cospetto dell’amata.
La seconda parte dell’opera è dedicata all’amicizia per Guido Cavalcanti: costantemente polarizzata da differenze (“Altro che salvezza… caro Dante, la passione sprofonda nell’inferno”) e tra le asperità dei temperamenti (“Guido era soggetto ad attacchi amorosi travolgenti e ad amarissime delusioni”), miseramente naufragata a causa dei dissidi politici, cerebralmente ricomposta da Dante sulla tomba dell’amico con il quale aveva interrotto ogni rapporto.
Ho letto quest’opera prontamente segnalata da un’attenta insegnante di lettere ai suoi studenti di prima liceo classico. Ho chiuso l’ultima pagina – io che studente non lo sono più da tanto tempo – con la sensazione di aver lievemente ripercorso figure, versi e opere che sento ancora palpitanti dentro di me, perché posseggono la forza vitale delle emozioni durature e lo splendore di valori che dovrebbero sempre brillare.
Bruno Elpis
http://www.i-libri.com/libri/come-donna-innamorata/
_______________________
A me pare uguale agli dei
A me pare uguale agli dei
chi a te vicino così dolce
suono ascolta mentre tu parli
e ridi amorosamente. Subito a me
il cuore si agita nel petto
solo che appena ti veda, e la voce
si perde sulla lingua inerte.
Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,
e ho buio negli occhi e il rombo
del sangue alle orecchie.
E tutta in sudore e tremante
come erba patita scoloro:
e morte non pare lontana
a me rapita di mente.
Salvatore Quasimodo