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Le recensioni di Bruno Elpis

Lo spaventapasseri di Bruno Morchio (i-libri)

Nella geografia del giallo italiano, molte città hanno il loro eroe di riferimento. Genova accoglie Bacci Pagano, la creatura che Bruno Morchio ha collocato tra crose e carrugi (“Canneto il Lungo è un carrugio che scivola lento verso il mare”) nell’atmosfera affascinante, ibrida e multietnica della città della Lanterna (“Genova, la mia maledetta città frastornata dalle campane delle chiese e dalle sirene delle navi…”). 

 

Bacci Pagano ha genitori dal passato partigiano (“Tuo padre? Era comunista, ha fatto il partigiano e credeva nella giustizia”), una gioventù legata ai movimenti studenteschi, un’ingiusta esperienza di detenzione per presunto terrorismo… Con tale retroterra esistenziale e culturale, il presente del detective risulta inadeguato e conflittuale (“Non avete perso il vizio di considerarvi l’ultima generazione che voleva fare la rivoluzione”); un nuovo incarico investigativo acuisce i contrasti personali, perché proviene dall’amico di sempre (“Non eravate compagni nel Sessantotto?”), Cesare Almansi, avvocato di ottima famiglia, abituato a recitare la parte del vincitore…
Cesare, “sceso in campo” per un seggio di senatore, riceve minacce telefoniche (“quattro telefonate in quindici giorni”), che mirano a dissuaderlo dalla carriera politica.
Bacci accetta la proposta e, con essa, si getta tra le braccia della bella Lou, addetta stampa che incoraggia il sentimento in modo alterno (“I numeri di telefono non si interpretano. Si digitano o si dimenticano”).
Tra violenze della ‘ndrangheta e losche figure di imprenditori faccendieri, Bacci Pagano finirà con l’occuparsi del femminicidio che – molti anni prima - ha coinvolto Adele, la sorella di Lou, e che rappresenta un mistero irrisolto negli archivi della cronaca nera. 

Tra incertezze e aforismi (“Il guaio dell’esperienza è che ciascuno deve farsela in proprio. Quella degli altri non ha alcun valore”), Bacci è in costante tensione tra passato (“il passato è un alibi, l’ultima favola che ci raccontiamo quando non vediamo futuro davanti a noi”), presente e futuro (“…dalla scomparsa del passato ci si consola facilmente. È dalla sparizione del futuro che non ci si riprende”).
L’ispirazione psicologica dell’autore è palpabile sia nella costruzione plastica dei personaggi, sia negli spunti investigativi (“boccacce, facce e scherzare” è il verso di una canzone di Bennato – Nel covo dei pirati - che affiora dai ricordi  per suggerire una pista da seguire, quasi con la tecnica delle associazioni), sia nell’efficace scelta di un titolo emblematico: “Lo spaventapasseri” (“Gli servivo solo come spauracchio…”) che – richiamando il mondo onirico di Oz – pone l’inquietante domanda:  “Chi meglio di me poteva tenere le cornacchie lontane dal raccolto?” 

Bruno Elpis 

http://www.i-libri.com/libri/spaventapasseri/