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Le recensioni di Bruno Elpis

La scala a chiocciola di Mary Roberts Rinehart (qlibri)

Il fantasma della scala a chiocciola 

Mary Roberts Rinehart è considerata “il contraltare americano” di Agatha Christie sia per popolarità, che raggiunse i massimi negli anni tra il ’20 e il ’40, sia per prolificità letteraria.
La scala a chiocciola” è tuttavia un romanzo macchinoso e ha una trama piuttosto lenta. Gli spunti migliori sono forniti dall’autoironia della protagonista-narratrice, l’attempata Rachel Innes (“Una vecchia signora che tende a vivere un po’ troppo nel passato”), che si è assunta la responsabilità di crescere i nipoti orfani, Gertrude e Halsey.

Costoro vivono complicate storie d’amore rispettivamente con Jack Bailey e Louise Armstrong. Il primo è impiegato nella banca del patrigno di Louise; la seconda, la figliastra del banchiere proprietario della villa di campagna che Rachel affitta per trascorrere le vacanze estive, è promessa sposa a un ambiguo medico: il dottor Walker.
La villa affittata – che per quanto è articolata e gotica richiederebbe uno di quei famigerati plastici che oggi si vedono in discutibili trasmissioni televisive - sembra infestata dai fantasmi (“Questa casa è un vero e proprio incubo”) ed è teatro di un omicidio (“In questa casa c’è qualcosa che molte persone desiderano prepotentemente”): quello di Arnold, il fratellastro di Louise. Poi muore – sembra per la paura – il maggiordomo Thomas…
Nonostante le intimidazioni che riceve, Rachel è caparbia (“Non sono affatto superstiziosa, salvo forse nel pieno della notte e circondata dal buio più totale”) e non vuole abbandonare la villa nella quale campeggia una sinistra scala a chiocciola, se non prima di aver fatto luce, con la collaborazione dell’investigatore Jamison, sui pericolosi coni d’ombra che investono i nipoti (“Halsey era vittima di qualcosa di terribile”) e sulla colossale truffa/bancarotta che ha coinvolto la banca di Armstrong (“Considerato che – i nipoti – avevano perso l’eredità lasciata dalla madre nel disastro della banca…”).

L’atmosfera è piuttosto involuta e ci si orienta con difficoltà nello stuolo di domestici, paggetti e servitori. Per raccapezzarmi, ho dovuto trascrivere i loro nomi: l’autista Warner, la cameriera Rosie, la governante signora Watson, il maggiordomo Thomas, il misterioso giardiniere Alex, la lavandaia Mary Anne, la cuoca Elize…
Come dicevo, i migliori momenti sono proprio quelli in cui la pertinace zia si ostina nelle indagini, in ciò contrastata dalla fedele domestica Liddie (“Lei non vuole credermi quando le dico che questa casa è infestata dai fantasmi”), con la quale ingaggia orgogliosi litigi e spassose ripicche, o quando l’autrice si lascia trasportare dal fascino “old” e stantio dell’alta società (“Era considerata la peggiore giocatrice dell’intero club”). E pensare che l’autrice non lascia mancare nessun elemento mistery: come l’incendio doloso nelle stalle o la spedizione al cimitero per dissotterrare il cadavere di Armstrong senior (“Ecco perché riesumare un corpo dalla madre terra ha un che di profanatore; è come rovesciare il ciclo infinito delle cose”)… 

Bruno Elpis 

P.S. Il mio nuovo percorso di lettura procede… sui pioli della scala a chiocciola! Un simbolo in certi rituali iniziatici e una situazione carica di significati nell’interpretazione dei sogni che hanno questo elemento come oggetto… 

http://www.qlibri.it/recensioni/gialli-narrativa-straniera/discussions/review/id:43591/