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Le recensioni di Bruno Elpis

Cassandra di Christa Wolf (qlibri)

coverUOMINI E DONNE 

Cassandra sacerdotessa di Apollo, profetessa, dissidente (“Io, la tremenda. Io, che volli la rovina di Troia”), perseguitata (“Io sono stata, di tutti i suoi figli io, come il padre affermò, quella che ha tradito la nostra città e lui”): simbolo dell’autonomia, dell’andare “contro corrente”, strega dell’antichità, drammaticamente destinata a declamare verità alle quali non viene dato credito.
Christa Wolf ripropone il tragico personaggio della veggente troiana in una narrazione che potrebbe costituire il prius temporale dell’Agamennone di Eschilo: “Cassandra” è la retrospettiva della donna che, giunta a Micene come prigioniera di Agamennone, rievoca la sua vita, le sue scelte, la guerra di Troia e il viaggio verso la Grecia. I ricordi seguono il libero flusso delle idee, con continue analessi e prolessi, e si esprimono in un linguaggio cifrato e sincopato: per iniziati.
In questo commento mi soffermerò sulla partigiana prospettiva sessista dalla quale l’autrice guarda il vate più misconosciuto della storia. 

 

GLI UOMINI 

Per la Wolf hanno un grosso, genetico, strutturale difetto: sono maschi (“Tutti i maschi sono bambini egocentrici”). Così:
- Achille è “la bestia”.
- Agamennone è “l’imbecille”.
- Calcante un infedele (“Calcante passato ai Greci?”).
- Paride è “il bambino pericoloso”; “debole, fratello, debole. Un vigliacco”.
- Il “piccolo Aiace” è uno stupratore.
- Andro, amante di Polissena, è un traditore.
- Ulisse è “un Nessuno che non era capace di fede”.
- Perfino l’eroe omerico Ettore perde la sua aura epica: “Non era l’uomo di cui si fa un eroe”… “Ce l’avevo con Ecuba, che lo aveva viziato impedendogli di crescere, e trovavo giusto e ragionevole che ora lo proteggesse.”

In questo campionario si salva soltanto Enea (“a cui credetti sempre, perché gli dei trascurarono di donargli la capacità di mentire”), l’unico rappresentante - insieme al padre Anchise - “di una possibile forma diversa del maschile”. “Un modo d’essere maschile che non trova forme, non parole, per manifestarsi.” Enea: che non consuma il rapporto carnale con Cassandra nella notte dedicata alla rituale deflorazione delle vergini.

LE DONNE

Possiedono tutt’altro materiale genetico. Di Cassandra abbiamo già parlato in apertura. Inoltre:
- Marpessa è ancella fedele e coraggiosa (“Prendi me”).
- Polissena è da ammirare, pur incarnando la seduzione da sfoderare per catturare i maschi che detengono il potere.
- Perfino Clitennestra, la diabolica uxoricida, è una complice: “Niente in altri tempi avrebbe potuto impedire di chiamarci sorelle, questo lessi sul viso dell’avversaria”; “Ci guardammo, ci capimmo, come solo le donne si capiscono”.
- Elena viene mitizzata e si dematerializza: “Sì, lei non era qui. Il re d’Egitto l’aveva tolta a Paride, quello stupido ragazzo” e rende il conflitto “una guerra condotta per un fantasma”. “In Elena, che avevamo inventato, noi difendevamo tutto ciò che non avevamo più”.
- Infine ci sono i collettivi: le donne della comunità dissidente dello Scamandro, che si radunano da Anchise e coltivano il culto della Grande Madre Cibele; le coraggiose guerriere Amazzoni…

E se non fosse soltanto misantropia? E se non fosse soltanto vetero-femminismo?
Perché la De Filippi a “Uomini e donne” (esiste ancora questa trasmissione trash?), per rimanere fedele al titolo del suo spettacolo, non propone la lettura di questo libro con relativa discussione? Oppure oggigiorno la rappresentazione della dialettica uomo-donna evapora nella patinata contrapposizione tra veline e tronisti?

Bruno Elpis 

http://www.qlibri.it/recensioni/romanzi-narrativa-straniera/discussions/review/id:39694/