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Le recensioni di Bruno Elpis

Un uomo solo di Christopher Isherwood (qlibri)

A single man

il film

Pubblicato nel 1964, il romanzo ripercorre l'ordinaria giornata dell'inglese George, un anziano professore (“a dargli quest’aria da ragazzo avvizzito è solo la vanità. Sì, nonostante le rughe… s’intravede il fantasma di una persona tenera, giovanile, affascinante. E’ una combinazione bizzarra, ma innegabile”) che insegna presso un college di Los Angeles. Rimasto solo, dopo la morte del compagno Jim (“Ma Jim è stato fortunato alla fine, cioè l’unica circostanza in cui la fortuna conti davvero. Il camion ha preso la sua auto nel punto giusto; non se n’è neppure accorto”), il protagonista vive una giornata nel periodo prenatalizio (tra “le grandi e goffe decorazioni natalizie”) in un clima di tensioni internazionali (“Poco più di un mese fa, prima che Chruscev accettasse di ritirare i suoi missili da Cuba…”), tra pensieri e parole, sentimenti alterni e senso della morte. Il romanzo è dedicato a Gore Vidal.

Isherwood

Dopo il risveglio, momento della consapevolezza (“Io sono ora”) e del contatto visivo con i vicini, il professore passa la mattinata in università dove tiene una lezione su Huxley con divagazione sui miti di Titone ed Eos di fronte a un gruppo eterogeneo di studenti. Poi, consuma il pranzo al refettorio con il collega Grant e Cinthya, con la quale - per misoginia -intavola una polemica sul confronto tra la cultura europea e quella americana.
Con il trascorrere delle ore il malessere dell’abbandono (“In tutte le vecchie crisi, degli anni Venti, degli anni trenta, la guerra … quello che gelava il sangue era la paura dell’annientamento Ora ci portiamo dentro una paura ben più terribile, la paura di sopravvivere”)  e la solitudine (“L’artista da circo non ha un sipario che cali e lo nasconda, lasciando intatto l’incanto e la magia del suo numero. Sospeso al trapezio sotto il fascio delle luci, ha brillato e tremato come una stella. Ma ora che è a terra, senza i riflettori addosso, eppure chiaramente visibile da tutti – anche se tutti, ora guardano i clown – corre oltre le gradinate, verso l’uscita.  prende corpo, attraverso pensieri “) prendono corpo. Così come nelle tappe successive: la visita in ospedale (“dove Doris è concentrata nel suo compito: morire”) a trovare Doris (“E’ una creatura completamente diversa; un manichino rattrappito, giallo, con le braccia e le gambe come stecchini, la carne appassita, il ventre scavato che disegna sotto il lenzuolo una sagoma angolosa”), sua ex rivale nel rapporto con Jim, pone George di fronte al tempo (“Il tempo per lei deve essere diventato uno stranissimo labirinto di specchi, e i labirinti possono trasformarsi in ogni momento da divertenti a spaventosi”) e alla consapevolezza del distacco (la gelosia… “era stato quello il legame tra lui e Doris. E ora è spezzato. Un altro frammento di Jim gli era stato sottratto per sempre”).
coverPoi c’è la seduta in palestra, un inutile giro sulle colline, la tappa al supermercato (“chiude a mezzanotte. Brilla. Il suo alone di luce offre un riparo contro la solitudine e il buio”) ove il ricordo di “Jim, spaventosamente vivido, pugnala George”:  “Ma non è un pericolo mortale dire stasera non mangerò da solo?”
Dopo un invito inatteso e imbarazzato della vicina, vi è la cena con l’amica-confidente Charlotte (“Charlotte è già una sopravvissuta, anche lei. Del sopravvissuto ha la tipica tenacia un po’ pesta”) nella quale, grazie all’alcol, George “comincia a provare una sensazione del tutto misteriosa e banale: non è beatitudine, non è estasi, non è gioia, ma quella pura e semplice felicità – das Gluck, le bonheur, la felicidad – cui sono stati attribuiti tutti e tre i generi…
Già ubriaco, George prosegue la sua ebbra maratona in un pub, ove incontra lo studente Kenny (“raggiante di rapporto”): finale nell’oceano, con scena equorea ed esplosione di vitalità (“E sto per diventare ancora più pazzo”).
Ma anche una lunga giornata finisce”: quella del professore finisce con il giovane Kenny (“Ora sembrava indossasse una tunica greca, la clamide del giovane discepolo – il favorito, ovvio – di un qualche filosofo”) e un attimo dopo…

coverUn’opera amara sulla solitudine, sulla voglia di vivere, sulla disperazione per l’assenza. Da essa Elton John ha mutuato il titolo (“A single man”) per un disco che contiene la struggente ballata strumentale “Song for Guy”, tributo al giovane Guy Burchett, fattorino diciassettenne della Rocket Records (etichetta discografica di proprietà dell’artista) deceduto tragicamente in un incidente motociclistico…

Bruno Elpis

http://www.qlibri.it/recensioni/romanzi-narrativa-straniera/discussions/review/id:38416/