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Le recensioni di Bruno Elpis

Italian Noir – Autori vari (2^ parte)

Ho completato la lettura dei racconti che compongono "Italia noir"  (http://www.lulu.com/product/a-copertina-morbida/italian-noir/16811518) e riconfermo l’impressione del primo momento: i racconti sono ben scritti e ho riscontrato la varietà tematica promessa in prefazione da Gisella Calabrese e Giuseppe Mallozzi, curatori dell’antologia. La selezione operata da “I sogni di Carmilla” (www.isognidicarmilla.wordpress.com) affronta il “noir” in tutte le sue sfumature, non soltanto cromatiche: il giallo-noir, l’hard boiled, il metropolitano.

Proseguo dunque nella mia rassegna, questa volta secondo l’ordine proposto dall’editore (ovviamente omettendo i racconti che sono già stati citati nel mio precedente commento).

Premetto che ho trovato alcuni racconti molto forti: non mancherò di lasciar intendere con i miei commenti come le mie preferenze si indirizzino decisamente per i racconti esteticamente più moderati, ben consapevole che il genere nel quale io stesso mi sono cimentato è assai vario e che è giusto rappresentare tale varietà per corrispondere ai gusti dei lettori.

“Le nefaste conseguenze” di Giovanni Sinapi riconducono un infanticidio alle inefficienze della burocrazia locale, questa volta non italiana, ma della contea di Wilcox.

Quando si dice “allevare una serpe in seno”, ci si riferisce a situazioni meno estreme di quella descritta in “The bed turns red” da David Guerra. Anche perché qui le serpi sono due.

I “Super eroi a Milano” di Gabriele Gremmo fuoriescono dai fumetti, durante la Comic Convention, e connettono un assassinio alle manovre politico-giudiziarie del sindaco.

Fabrizio Cennamo non vuole certamente insegnarci che “Mantenere la parola” significa comportarsi come Nico e il suo amico, neo-vedovi che praticano una forma di bricolage molto macabra.

Simone Ungaro mi ha spiazzato con la storia de “Il mio pipistrello domestico”. Ho concluso che agli amici consiglio di scegliere, in modo magari un po’ banale ma decisamente più rassicurante, la compagnia dei soliti animali. Tipo cani e gatti, per intenderci, lasciando perdere i chirotteri.

Lorenzo Mazzoni ci conduce alla poetica notte di “San Lorenzo”, passando attraverso un’altra poesia: quella del circo, con la figura di un lanciatore di coltelli scacciato e rimasto senza lavoro. Verrebbe da esclamare: cosa non si fa per riconvertirsi dopo un licenziamento!

Natale a molti induce malinconia. Consiglio a costoro di non leggere la triste “Jingle bells”, con la quale Giancarlo Vitagliano si è meritoriamente dedicato a un “noir sociale” (ecco un’altra interessante sfumatura, che non ho citato in premessa) dai toni evocativi, oltre che impegnati.

“Il calore familiare” di Alberto Rudellat rappresenta forse un’altra variante del racconto a sfondo sociale. Qui però l’autore pratica la tecnica dell’inversione e con un arrocco scambia colpevole e sospettato, vittima e carnefice.

Prendere un “Aperitivo alle sette” con Alessandra Zenarola potrebbe consentire di dissipare le ombre sul suo noir psicologico (un’altra variante!), sottilmente intessuto sul legame ossessivo tra due sorelle.

L’assassino è o non è il maggiordomo? Mi son dibattuto in questo dilemma amletico leggendo “Grazie di tutto” di Fabrizio Leonardi per scoprire che … la deontologia mi impone il silenzio! Andate voi a verificarlo.

Dalla “Nebbia”, Edoardo Brosio estrae una bella storia paradossale. Effettivamente chi meglio di un casellante dell’autostrada può praticare l’arte di leggere le righe della mano? E che fare quando il chirologo legge un destino di morte?

Antonio Vigani conclude, a buon diritto, che “Non è una gran giornata” quella nella quale, seguendo le evoluzioni di una mosca (ricordate “The fly”? Ma qui le conseguenze sono altre!), prende coscienza … del proprio stato.

Ho molto apprezzato “Porpora” di Matteo Morsetti, una quasi poesia che mesce i colori (nero, rosso, porpora) di un dramma esistenziale che rimbalza al suon del detto “vita mea, mors tua” e viceversa.

Antonia Dettori inquieta non poco in “Resta con me”, un racconto sospeso tra due poli: abuso e plagio, viltà e acquiescenza. Ovviamente passando nell’aula di un tribunale.

La “Calibro 9” di Marco Tarantino ci trascina, passando attraverso la Domiziana, nella Napoli malavitosa e senza scrupoli. Quella che non conosce regole e risucchia anche i minorenni in vicende violente.

Completerò la mia “carrellata” con il prossimo intervento, che fornirà la panoramica completa di “Italian noir”.