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Le recensioni di Bruno Elpis

Zombie e vampiri

Mentre in ambito cinematografico vengono riproposti gli intramontabili zombie nelle versione edulcorata e patinata di “Warm bodies”, i vampiri da rotocalco della saga di Twilight inanellano un paio di misconoscimenti: “Twilight Saga – Breacking Dawn parte 2” trionfa e fa incetta di razzie (le pernacchie attribuite ai peggiori film) e la splendida Kristen Stewart si aggiudica il poco ambito titolo di “attrice meno sexy” di Hollywood.
Nel tentativo di restituire un minimo di dignità alle più gelide personificazioni del male, attingiamo all’illustre tradizione letteraria e rispolveriamo (termine sinistro, ma armonizzato al tema) non già l’indiscusso sovrano del filone – il celebratissimo Dracula di Bram Stoker – bensì quelli che possono essere considerati i suoi precursori, protagonisti di alcuni racconti che oggi appaiono come preziosi cimeli dell’horror.
Come “Il vampiro” di John William Polidori.

 

Polidori fu medico e segretario di Byron; morì suicida dopo la rottura con il poeta, in un periodo di ristrettezze economiche: non potendo saldare un debito, si diede la morte con un veleno da lui stesso composto. Polidori era legato al poeta da un rapporto ambivalente: una morbosa amicizia mista a odio. Il racconto “The vampire” fu pubblicato per la prima volta nel 1819 sulla rivista New Monthly Magazine e venne erroneamente attribuito a Lord Byron: al punto che Goethe commise una gaffe memorabile, asserendo che il racconto era una delle opere migliori del Lord inglese.
Certo è che il vampiro Lord Ruthven incarna il “Byronic type” e forse rappresenta una parodia del poeta, sul quale l’autore voleva rivalersi per le umiliazioni subite.
Anche la scelta del luogo ove si svolge una parte della narrazione sembra allusiva: la Grecia, cara e fatale a Byron.

Particolare è anche la situazione nella quale il racconto è stato concepito. A Villa Diodati, la casa che Byron affittò presso il lago di Ginevra, Byron e Polidori incontrarono Mary Wollstonecraft, il futuro marito di Mary (Percy Bysshe Shelley) e Claire Clairmont (sorellastra di Mary e amante di Byron).
Scrive Mary: “Quell’estate risultò fredda e uggiosa, piogge interminabili ci costrinsero a casa per giorni. Trovammo per caso alcuni volumi di storie di fantasmi, tradotti dal tedesco in francese”.
Per ingannare il tempo, fu proposta una sorta di gara: scrivere una storia di fantasmi … così nacquero il Frankenstein della Shelley e Il vampiro di Polidori.

Nel racconto di Polidori, la figura del vampiro perde le connotazioni rozze e popolari del folklore – soprattutto slavo - per assumere le caratteristiche del personaggio aristocratico, affascinante e dannato, tipico del romanticismo, che cerca le sue prede nell'alta società. Un vero dongiovanni: “… si trovava spesso sia tra quelle donne che fanno delle virtù domestiche il vanto del proprio sesso, quanto tra quelle che lo disonorano con i loro vizi”.
“Gli irresistibili poteri di seduzione di cui era in possesso rendevano i suoi costumi licenziosi ancora più temibili per la società”
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In questo contesto citiamo altri due racconti: “Carmilla” di Joseph Sheridan Le Fanu, che introduce il tema del vampirismo saffico, e “Un mistero della campagna romana” di Anne Crawford: anche qui il vampiro è una donna che ritorna per sedurre e uccidere il giovane Marcello.

Per gli appassionati del genere segnaliamo infine il concorso John W. Polidori organizzato dall’Associazione Culturale Nero Cafè.

Bruno Elpis

http://lettoriautori.altervista.org/twilight.htm