Le recensioni di Bruno Elpis
C’era due volte il barone Lamberto di Gianni Rodari (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
Ambientata sul Cusio (“In mezzo alle montagne c’è il lago d’Orta. In mezzo al lago d’Orta, ma non proprio a metà, c’è l’isola di San Giulio. Sull’isola di San Giulio c’è la villa del barone Lamberto, un signore molto vecchio - ha novantatre anni -, assai ricco - possiede ventiquattro banche in Italia, Svizzera, Hong Kong, Singapore, eccetera -, sempre malato. Le sue malattie sono ventiquattro…”) C’era due volte il barone Lamberto diGianni Rodari narra le gesta di un ultranovantenne barone e del suo fido maggiordomo Anselmo.
Gli acciacchi dell’età, descritti nello stile immaginifico di Rodari (“Barone e maggiordomo s’infilano nel tunnel di Corti e penetrano nell’orecchio, sbarcano nelle isole di Langheransdalle parti del pancreas, si arrampicano sul pomo d’Adamo, si avventurano nel groviglio dei glomeruli di Malpighi che se ne stanno raggomitolati nei reni, fanno l’altalena con l’ossigeno e l’anidride carbonica dentro e fuori dai polmoni, salgono sul ponte di Varolio, soffiano nella tromba di Eustachio, suonano gli organi del Golgi, tendono tendini, riflettono sui riflessi, fagocitano fagociti, fanno il solletico ai villi intestinali, mettono in moto la doppia elica del Dna. Ogni tanto si perdono di vista”) sono contrastati con uno stratagemma (“E nelle soffitte della sua villa sei ignari lavoratori, giorno e notte, lo nominano senza sapere il perché: … Lamberto, Lamberto, Lamberto…”) che è elisir di gioventù (“L’uomo il cui nome è pronunciato resta in vita”) e regala nuova vita al barone.
Ma un evento inaspettato ( “La notizia che l’isola è stata occupata dai banditi ha richiamato migliaia di persone sulla riva”) e la cupidigia di un maldestro nipote (“Ora Ottavio perfeziona il suo piano: farà morire il barone e darà la colpa ai banditi”) spezzano l’incantesimo…
Un po’ Benjamin Button, vagamente pirandelliano nell’idea di fondo («Quando era lontano io dicevo: “Se in questo momento mi pensa, io sono viva per lui”. E questo mi sosteneva, mi confortava nella mia solitudine. Come debbo dire io ora? Debbo dire che io,io, non sono più viva per lui, poiché egli non mi può più pensare! E voi invece volete dire che egli non è più vivo per me. Ma sì che egli è vivo per me, vivo di tutta la vita che io gli ho sempre dato: la mia, la mia; non la sua che io non so!» da La vita che ti diedi di Luigi Pirandello), la fiaba procede senza porsi limiti mortali, sempre soffusa d’ironia e pronta a far volare la fantasia su una mongolfiera…
Bruno Elpis
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