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Le recensioni di Bruno Elpis

L’erba delle notti di Patrick Modiano (i-libri)

coverCon “L’erba delle notti” il premio Nobel Patrick Modiano affronta un tema caro alla letteratura francese che dal secolo scorso - con la filosofia di Bergson e “La recherche” di Proust - s’interroga su meccanismi, dinamiche e caratteristiche di un’entità che è al tempo stesso enigma, opportunità e fonte di sentimenti: il tempo. Sperimentando “quella leggera vertigine che ti coglie, appunto, ogni volta che si apre una breccia nel tempo”. 

Così anche Jean, scrittore, si muove in una Parigi ove le dimensioni spazio-temporali si sovrappongono (“Marie Anne Leroy, ghigliottinata il 26 luglio 1794 a ventun anni”) e ove i personaggi reali s’intrecciano a presenze metafisiche (“Mi ero detto che fosse la reincarnazione di Jeanne Duval, o Jeanne Duval in persona”). Emergono così i particolari di una storia di gioventù, che giace sepolta nella memoria e può essere forse rivitalizzata grazie agli appunti di un diario (“Tra tutti questi appunti, alcuni hanno una risonanza più forte di altri”). Si tratta dunque di risalire a dettagli e indizi, connetterli, interpolarli (“Finalmente grazie a un codice segreto riesci a decifrare ciò che hai vissuto immerso nel caos, senza capire bene…”) per pervenire a una verità anche dolorosa rispetto a fatti vissuti senza una coscienza completa (“Tutti questi particolari mi tornano in mente alla rinfusa, a sprazzi, e spesso al luce si offusca. In contrasto con le precise annotazioni del taccuino”) e per questo smarriti nel tempo. 

La narrazione di Modiano è affascinante e si svolge interpretando il mistero degli eventi con dovizia di nomi, località (“Dovevo arrendermi all’evidenza: rue Vandamme non esisteva più”), situazioni che disorientano il lettore, ma gli trasmettono la sensazione della complessità esistenziale e fenomenologica. La ricomposizione degli eventi sarà tardiva, avverrà grazie a un fascicolo di polizia e giungerà a compimento quando l’amata Dannie sarà sparita, come tutti gli attori (“Erano seduti sulle poltrone della hall, Aghamouri sul bracciolo di quella dove si era sistemato Marciano, mentre gli altri, Paul Chastagnier, Duwelz e l’uomo che chiamavano semplicemente Georges occupavano ciascuno una vecchia poltrona di pelle marrone”) di un tragico misfatto che nell’Unic Hotel e nel “66” sembrano avere il loro covo. 

Bruno Elpis 

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