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Le recensioni di Bruno Elpis

Il tempo migliore della nostra vita di Antonio Scurati (i-libri)

coverIl tempo migliore della nostra vita diAntonio Scurati è un’opera dalle molteplici anime: è saggio storico e di letteratura, è romanzo-saga familiare, è autobiografia. 

Figura centrale della narrazione è Leone Ginzburg: traduttore e critico (“Sebbene impugni soltanto la penna…”), docente di letteratura, cofondatore della più prestigiosa casa editrice italiana (“Un giorno un ex compagno del D’Azeglio… gli propone di fondare una casa editrice”), compagno di Cesare Pavese detto Cesarito (“L’amico di questa corrispondenza balneare è Cesare Pavese”), marito di un’illustre letterata, Natalia Levi (“Natalia e Leone sono due scrittori, l’una in embrione l’altro impedito dagli incidenti della cospirazione. Sono due scrittori e s’innamorano per lettera”), costretta a pubblicare le prime opere con lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte (“Einaudi… pubblica il romanzo La strada che va in città dell’autrice esordiente Alessandra Tornimparte… è Natalia Ginzburg, costretta a occultare la propria identità… perché ebrea”) e poi, dopo la morte di Leone, decisa a mantenere il cognome del primo marito: Natalia Ginzburg.  

I paragrafi dedicati a Leone (“Lui ebreo, antifascista, apolide in un Europa travolta dalla marcia trionfale dei fascisti, degli antisemiti, dei nazionalisti di ogni bandiera”) si alternano a quelli impiegati per ricostruire le radici familiari (“In Albania… esiste un paese, Skuraj, legato all’epopea della lotta contro i turchi”) degli Scurati (“Abitanti di Cusano sul Seveso… erano tutti socialisti”) e dei Recalcati (“A differenza degli Scurati, i Recalcati erano però gente di chiesa, dei paulott…”) in Brianza (“Bresso, il paese dei Recalcati confinante con Cusano”): da loro  nascerà Luigi, il padre dello scrittore. Dai Ferrieri di Napoli, gente con lo spettacolo nell’anima, discende Rosaria, la madre di Antonio Scurati. 

Nelle pagine dedicate a Ginzburg opera prevalentemente lo storico letterario, che segue Leone sia sul piano biografico – il rifiuto del giuramento al fascismo (“Non intendo giurare. L’onore è un motivato rifiuto”), il processo (“Il processo si annuncia clamoroso… una prova generale di antisemitismo”), la prigionia (“Ribatte punto su punto e ribadisce il proprio antifascismo… Il 6 novembre 1934 lo condannano a quattro anni di carcere duro”) e la libertà vigilata, il confino (“A Pizzoli, in un paesino sperduto tra le montagne dell’Abruzzo, l’ebreo ucraino-russo Leone Ginzburg non demorde” e cura prefazione e traduzione di Guerra e Pace per Einaudi, in concorrenza a Mondadori), l’attivismo politico e nuovamente il carcere – sia sul piano culturale: il rigore ideologico (“Per lui l’antifascismo è una manifestazione spontanea delle sue convinzioni morali, un’espressione del suo gusto estetico, eppure questo antifascista naturale si astiene dalla lotta politica”), la precisione nel lavoro di critico e traduttore (“Alle riunioni editoriali adesso sono in quattro: Ginzburg che sa tutto di letteratura russa, tedesca e francese, Pavese che sa tutto di letteratura americana, l’editore che tace sempre mentre gli altri discutono per ore di traduzioni… e Natalia Levi, la figlia del professore, come ospite di leone che dal carcere le scriveva lettere d’amore”), il carattere (“Leone e Cesare lavoravano fianco a fianco, l’indomito e il piegato, il prossimo marito e l’innamorato cronico, l’uomo che non conosce angoscia e il malinconico compiaciuto”), la concezione sofferta del ruolo dell’intellettuale (“Essere capaci di raccontarsi l’un l’altro la propria storia, e a vicenda la storia degli altri”), l’eredità spirituale nell’ultima, commovente lettera scritta a Natalia dal carcere. 

La cronaca del regime e della seconda guerra mondiale viene illustrata con il ritmo incalzante della storiografia scandita tanto dalle date quanto dalla retorica fascista (“La potenza delle nazioni dipende dalla potenza demografica, dichiara il duce priapeo”), dagli eventi bellici, dalle aggressioni imperialiste, dall’escalation dell’ideologia antisemita transitata dalle leggi razziali alle persecuzioni e deportazioni.
Nei capitoli dedicati alle origini familiari di Antonio, la guerra ha invece il sapore della ricostruzione romanzata attraverso ricordi e testimonianze. 

Poi la narrazione si chiude a tenaglia e le numerose trame del canovaccio s’intrecciano nell’unica maglia dell’epilogo: Luigi Scurati viene assunto alle Messaggerie Italiane di via Broletto a Milano, ove si vendono con successo i libri di Pavese e dei Ginzburg, poi diviene dirigente della Rinascente e a Napoli s’innamora di Rosaria. Sullo sfondo, spruzzata di nostalgia, l’incredibile atmosfera del dopoguerra e del boom economico, raffinatamente ricreata con episodi, oggetti e riferimenti acustici: il premio Strega a “La bella estate” di Pavese (1950) e a “Lessico familiare” di Natalia Ginzburg(1963), il dilagare della Vespa, le note delle canzoni di Modugno e Celentano, la Ginzburg a interpretare la Maddalena nel Vangelo secondo Matteo di Pasolini… 

Antonio Scurati ha scritto un’opera che fonde il senso della ricerca scientifica e dell’indagine umanistica in un assolo ove si sposano coralità e autobiografismo, per restituirci la figura di un uomo, Leone Ginzburg, che nella coerenza e nell’impegno ha veicolato al tempo stesso l’altruismo e l’intellettualismo (“Il dilemma… vivere tra gli uomini, agire direttamente sulle loro coscienze o vivere tra i libri, inviare lettere ad amici ignoti e lontani che un giorno, forse, in un incerto avvenire le riceveranno?”). 

Bruno Elpis 

http://www.i-libri.com/libri/il-tempo-migliore-della-nostra-vita-2/