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Le recensioni di Bruno Elpis

Nero latte all'alba di Andrea Molesini

Diciannove schede dedicate ad altrettante letture sulla Shoà adatte ai ragazziQuest’opera edita da Mondadori, come sottotitolato, tratta dei “libri che raccontano lo sterminio”.

In particolare l’autore propone diciannove schede, nelle quali vengono esaminati romanzi e testimonianze che raccontano la Shoà e sono adatti ai ragazzi. In ciascuna scheda sono forniti cenni sull’autore e una sinossi della storia; viene inoltre indicata l’età per la quale la lettura è consigliata.

E’ un lavoro fondamentale per i nostri insegnanti di lettere e di storia della scuola dell’obbligo, oltre che per bibliotecari ed educatori di qualsiasi tipo. E’ un contributo determinante per tener accesa, anche presso le nuove generazioni, “la memoria” di una tragedia che spalanca la porta su una voragine, ponendo inquietanti interrogativi sulla natura umana.

 

In questo commento voglio soffermarmi su alcune considerazioni che Andrea Molesini svolge nelle pagine che precedono le schede di lettura, alle quali rimando tutti gli interessati.

Ho trovato particolare l’analisi che attribuisce il successo dell’ideologia nazista a due circostanze concomitanti: da un lato la creazione di un mito, dall’altro l’iniziale accondiscendenza civile degli ebrei.

Il commento ha inoltre il pregio di illustrare come l’olocausto risponda a un programma lucido, enucleabile in fasi consequenziali, cinicamente razionale nel perseguire un folle obiettivo: quello dello sterminio attraverso il sistema concentrazionario. Realizzato utilizzando processi tipici, finalizzati a prosciugare i contenuti emotivi dell’immane tragedia innescata dalla follia del nazismo: la burocratizzazione, che consente di trasformare il numero impresso a fuoco sui polsi dei detenuti in una sorta di “codice fiscale”; il nascondimento e la rimozione della prossimità; la parcellizzazione dei compiti che, attraverso l’allungamento della catena, sostituisce la responsabilità tecnica a quella morale.

Da un’altra angolazione, si esaminano i tre momenti psicologici del deportato: lo choc dell’accettazione, l’apatia al dolore, la reazione psichica conseguente alla liberazione.

Infine vengono smascherati alcuni processi di rimozione, tanto insidiosi quanto pericolosi: il revisionismo e, addirittura, il negazionismo. Due evidenti tentativi di opporsi al desiderio di “memoria”, che lo spirito storico, prima che umano, deve invece mantenere vivo nel tempo. Per evitare il ripetersi di eventi che anche la storia più contemporanea, si veda la ex Jugoslavia, sembra riproporre con i suoi maledetti ricorsi …