Le recensioni di Bruno Elpis
Animali (topi gatti cani e mia sorella) di Ugo Cornia (qlibri)
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- Scritto da Bruno Elpis
I topi nel muro non sono soltanto quelli di Lovecraft!
“Animali (topi gatti cani e mia sorella)” di Ugo Cornia è un monologo ironico suddiviso in tre capitoli, dedicati rispettivamente a topi, gatti e cani.
Quanto ai TOPI, essi pullulano a Guzzano, nella casa di vacanza sull’Appennino, in ogni forgia e dimensione – topolini di campagna, toporagni, arvicole, ratti, pantegane (“Era sicuro che fosse un ratto perché era molto grande, mentre mia sorella sosteneva che era un topo di campagna, come genere, anche se molto cresciuto”) – e imperversano, attratti dalla relativa tranquillità della casa poco abitata e dall’abbondanza di granaglie.
Mentre “questi topi… rosicchiano, e rosicchiano…”, l’autore spesso impegnato nella disinfestazione sembra attratto dalla dimensione sociale dei roditori (“Io in un certo senso li trovo degli animali ammirevoli, e anche molto simili a noi, e su questo discorso magari ci torniamo più avanti…”).
Quanto a reminiscenze, la mente corre un po’ ai “Ratti nel muro” di Lovecraft (“Si sentivano degli strani rumori di grattugiamenti in qualche zona della casa, allora mia madre diceva che magari c’era un nido dentro al muro…”), un po’ a “Il pozzo e il pendolo” di Poe (“Dove stavano i suoi quattro piedi incollati all’asse adesso c’erano rimasti quattro buchi”): ma qui il registro è completamente diverso, sospeso tra il sarcasmo e la libera associazione dei pensieri (“Due allocchi hanno già abitato dentro al granaio per tutto un inverno, cosa che riempiva di contentezza sia mia madre che mio padre… sia per la bellezza del fatto di riuscire ogni tanto a sbirciarli… sia proprio perché questi allocchi mangiavano i topi…”).
I GATTI appartengono alla dinastia di una micia matriarca, votata a generare figli che se la vedono brutta a causa di un’antica pratica di crudele selezione (“Aveva già partorito tre volte, due volte affogati tutti e una volta tutti salvati”).
I CANI sono indegnamente rappresentati da Tobi-Tobia, un meticcio colossale, prima vittima della malasorte (“Mia sorella… aveva le sue manie sull’infanzia disgraziata di quel cane”), poi oggetto delle discutibili, invasive attenzioni della sorella del narratore (“Che Tobi fosse una spugna impregnata dell’inconscio di mia sorella”). Il protagonista ne patisce l’ingombrante presenza, con lui rivaleggia per l’egemonia domestica, grazie a Tobi matura una folgorante convinzione: “Che gli animali si facciano le loro cose, in totale libertà in prati, cielo, boschi, paludi e acquitrini, case e giardini, che io mi farò le mie cose in casa mia”.
Anche per effetto di uno stile narrativo volutamente naïf (mi ha decisamente ricordato i “Grandi ustionati” di Paolo Nori), la lettura è divertente anche quando rasenta il nonsense (“I gatti la natura li ha fatti così, cioè fatti a modo loro, e fatti per esempio diversissimamente dai cani, cioè fatti da gatti”) e anche quando sfida l’animalismo – latente o manifesto – del lettore.
Bruno Elpis
A questo link potete trovare l’intervista all’autore:
http://www.qlibri.it/recensioni/romanzi-autobiografici-italiani/discussions/review/id:46660/