Le interviste di Bruno Elpis
Intervista a Ugo Cornia, autore di “Animali (topi gatti cani e mia sorella)”
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- Scritto da Bruno Elpis
D. - Il tuo romanzo riflette il rapporto che hai con gli animali?
R. – Credo di sì. Anche se adesso, da qualche anno non ho animali in casa, e non ho il minimo desiderio di averne. Non ho voglia di qualcosa che mi tenga impegnato.
D. - Quanto influisce, sulla composizione di “Animali”, la nostalgia per la cultura contadina e per la tradizione agreste?
R. – Non ho nessun tipo di nostalgia per la cultura agreste e non ho mai avuto parenti contadini. Anche nell’ottocento i miei avi facevano altri mestieri. Nei rapporti con gli animali, che per come li intendiamo noi, sono oggetti di lusso, i contadini sono sempre stati abbastanza spietati, ovviamente non per cattiveria, ma perché non potevano permettersi nessun lusso.
D. - Sono lontano dal vero se dico che la successione dei capitoli – il primo dedicato ai topi, il secondo intitolato ai gatti, il terzo relativo ai cani – riflette anche una classifica di simpatia decrescente?
R. – Gli animali che preferisco sono i gatti. Mi sono piaciuti molto i miei gatti. Con loro mi sono divertito molto, e a modo loro, sono anche animali molto affettuosi e giocherelloni. I topi poveretti assorbono il peggio simbolico che c’è a disposizione. Il cane, che è un po’ una spugna, è costitutivamente psicolabile, mi sembra che esprima sempre il peggio condensato dei loro padroni. Certo delle volte esprimono anche il meglio se hanno un padrone simpatico.
D. - In questa gerarchia, come si colloca “la sorella”?
R. – È mia sorella. È normale che ci vogliamo molto bene e è normale che litighiamo. Tra l’altro tutto quello che abbiamo è al 50%. Possediamo due case metà per uno, non una casa io, una casa lei. Questo per le tasse è una tragedia. Abbiamo sempre amato gli animali, ma ogni tanto mi sembra che mia sorella li ami troppo, come una santa. La stimo anche per questa cosa, ma io sono diventato un po’ diverso.
D. - Com’è nata l’idea di questo romanzo?
R. – Un giorno mi sono venuti in mente i gattini che la gatta mi aveva fatto sui piedi, e il resto è poi venuto di conseguenza. Molto era ambientato a Guzzano, e quindi potevano starci i topi, che a Modena sono una presenza un po’ più distante.
D. - Quale opera della tua precedente produzione consiglieresti a un lettore soddisfatto di “Animali”?
R. – Non saprei, mi sembra meglio chiederlo a qualcun altro.
(E qui io rimbecco Ugo Cornia! Sono sicuro che uno scrittore abbia una sua gerarchia di preferenze per le opere che ha scritto. Perché non esternarla? Ma rispetto la sua reticenza...)
D. - Quali sono i tuoi scrittori preferiti? Cosa legge Ugo Cornia?
R. – Escludendo i viventi che conosco bene, come Gianni Celati e Ermanno Cavazzoni, amo molto Céline, Bernhard, Mark Twain, Hasek, Perec, tra gli italiani morti da poco Malerba, Manganelli, Salabelle etc. appena ho finito questo elenco, domani, me ne verrà in mente altri cinquanta.
D. - Da dove deriva lo stile che io ho definito coscientemente “naïf”? Lo hai adottato anche negli altri tuoi romanzi?
R. – Non lo so. Dalla lingua che mi sta intorno tutti i giorni, detto dalla gente che parla oppure letto in romanzi e altre forme di testo, e dal desiderio di stare fuori dall’italiano “scolastico”.
D. - In diversi passaggi del romanzo, il racconto diviene un apologo sulla morte. È un modo per esorcizzarla?
R. – Non so neanche cosa vuol dire esorcizzarla. Si muore, io ormai ho una certa età. Un mio amico che ha la mia età, e stava benissimo, un mese fa è andato a letto e non si è più svegliato. Infarto. Gli animali sono tanti e muoiono di più. Se noi cerchiamo di dare un numero alla loro popolazione e controllarla, ci tocca anche di ammazzarli. Il discorso era quello. Che non so più se c’è una via meglio di un’altra.
D. - Ma tu credi nella metempsicosi? O è una forma di speranza nella continuità della vita?
R. – No. Ma è una bella ipotesi per pensare. Il Budda si reincarnava continuamente anche in topo.
D. - Chi è Ugo Cornia? Quanto si identifica nel narratore di “Animali”?
R. – Faccio fatica a staccarmi da me stesso e al tempo stesso quando scrivo scrivo. Non so neanch’io cosa faccio mentre scrivo, mi vengono le idee e quando non ho più da scrivere smetto.
Ringraziamo Ugo Cornia per aver soddisfatto le nostre curiosità di lettori con l’originalità che lo contraddistingue e che rende il filosofo-scrittore anche “personaggio” …
Bruno Elpis
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