Le interviste di Bruno Elpis
Intervista a Liliana Panzarani Piersanti (Io scrittore)
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- Scritto da Bruno Elpis
Cinque domande a Liliana Panzarani Piersanti
Cosa ne pensi del riferimento che ho fatto a “L’eleganza del riccio”? Ti ritrovi in questo accostamento? Il tuo personaggio è affine alla portinaia di Muriel Barbery? Hai letto le “Estasi culinarie” della medesima autrice?
Il riferimento a "L'eleganza del riccio" è per me gratificante, perché è un libro molto bello. La mia cuoca e la portinaia di Muriel Barbery hanno certamente in comune l'amore per la cultura e la lettura e il fatto di non ostentarlo.
Nel tuo romanzo, che ho trovato ricco di grazia e di armonia anche linguistica, si respira l’amore per la cultura. Non quella autoriferita, bensì quella che è strumento per innalzare lo spirito e per rapportarsi agli altri …
Per me, che ho 87 anni, la cultura è stata un regalo che mio padre mi ha fatto con grandi sacrifici, consentendomi di frequentare l'università in un'epoca in cui per una ragazza questo non era scontato. La mia generazione, in genere, ha vissuto la cultura come uno strumento di perfezionamento spirituale, un mezzo di conoscenza degli altri e del mondo, un agente di trasformazione.
La tua opera potrebbe anche rientrare nel genere “romanzo storico” …
"Lo sguardo di Giacometta", in effetti, è in un certo senso un romanzo storico. I riferimenti storici, dal discorso di Andrea Costa sull'umanamento dell'uomo agli articoli dell'Avanti attribuiti ad Antonio, sono voluti e precisi.
Per l’equilibrio narrativo e la bellezza dei contenuti ti definirei una “neoclassica”. Ti riconosci, per quanto valore possa avere una definizione?
Non ho mai cercato per me una definizione letteraria, ma certamente ho un grande rispetto per la lingua italiana e sarei lieta di essere considerata una neoclassica.
Cosa ne pensi del senso estetico? Io ritengo che un’opera letteraria non possa prescindere da esso. Oggi siamo invasi da opere che ne sono completamente prive …
Al senso estetico sono molto sensibile e ho l'abitudine di rileggere a voce alta quello che scrivo per controllare il ritmo di un periodo e, talvolta, anche il suono di una parola. Credo anch'io che molte opere contemporanee ne siano prive, ma probabilmente il senso estetico cambia con il trasformarsi del mondo e forse dovremmo cercare di comprenderlo.