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Le interviste di Bruno Elpis

Intervista agli autori di "Giallo d'arte 2011"

Io e l’amico Dirk Pitt ci siamo dilettati in un’intervista collettiva ai simpatici autori di “Giallo d’Arte 2011”. Volevamo infatti toglierci qualche curiosità circa i racconti contenuti nell’antologia. Comincio io con alcune domande. Successivamente, in una seconda puntata, avremo modo di colloquiare anche con gli altri autori (sottoscritto compreso!) della fantastica raccolta, quelli raggiunti dalle domande di Dirk Pitt.

D. Marco Ernst, autore di “Delitto perfetto”, non hai esagerato con la perfezione del tuo delitto? Tutto nasce da un quadro di Morandi. E’ il tuo pittore preferito?

R. Ovviamente la tesi del racconto è duplice: primo il delitto perfetto non esiste, secondo il crimine non paga. Nell'ossessione del delitto perfetto e dell'essere supremo in grado di commetterlo, il protagonista è preso da una smania parossistica, tanto da smontare la macchina. Riguardo a Morandi, mi sembra, fra i grandi, il più "normale" da avere in casa.

D. Maria Schiano, da dove viene l’idea della tua “Follia d’amore”?

R. Bruno, la scelta del titolo viene da una canzone. Personalmente credo che per amore si possa commettere qualunque follia, come, nel caso del protagonista del racconto, diventare un impavido detective e salvare la sua bella.

D. Francesco D’Agostino, tra i quadri che rappresentano “Giuditta e Oloferne” qual è il tuo preferito?

R. Senza dubbio la Giuditta Salomé di Klimt, un misto di erotismo e perversione, l’incarnazione della femme fatale, sensuale, aggressiva e in qualche modo anche moderna, emancipata, che sceglie il suo destino. Il dualismo non è solo nel titolo: all’eroina biblica che decapita il tiranno Oloferne, Klimt affianca la figura di Salomé che artiglia la testa del Battista. Sembra che una musa ispiratrice sia esistita davvero nella vita dell’artista, che a trentacinque anni si innamorò della diciassettenne Alma Mahler, una che all’inizio del secolo scorso fece girare la testa agli uomini di mezza Europa.

D. Chiedo ancora a Francesco D’Agostino: rivedremo ancora il commissario Amedeo Totti in azione?

Sai, lui quando c’è di mezzo il giallo non si fa pregare troppo. Aggiungi che la giovane e bellissima moglie è appassionata d’arte.. temo che ce lo ritroveremo tra i piedi tra un po’, in tempo per Giallo d’Arte 2012. E poi mi risulta che quella canaglia di Dirk Pitt stia tramando qualcosa per fargli incontrare Giulesi. Cosa dire? Se son rose fioriranno. Magari di colore giallo.

D. Paolo Bartolozzi, “La corona di Ruggero II” segue un po’ lo schema di un gioco enigmistico. Come hai concepito il tuo racconto?

R. Ho immaginato un furto impossibile avvenuto in una casa cosiddetta “chiusa” con chiavi, sistemi di sicurezza e apparente impossibilità dei presenti di effettuare il furto. Poi mi sono chiesto come fare a renderlo possibile.

D. Zaira Patelli, la tua storia della “Dama con l’ermellino” di Leonardo ha un fondamento storico o è proprio inventata di sana pianta? Dopo aver vinto l’edizione 2011, parteciperai ancora a Giallo d’arte 2012?

R. “La dama con l’ermellino” è un racconto storico nel quale l’invenzione si ispira a uno sfondo reale: Cecilia Gallerani è stata una delle tante amanti di Ludovico Sforza, che commissionò l’omonimo ritratto a Leonardo da Vinci. Il pittore, a quel tempo, lavorava presso la sua corte di Milano. Cecilia fu una donna molto apprezzata per bellezza e intelligenza, strinse legami affettivi con il maestro e soleva organizzare riunioni culturali alle quali egli stesso partecipava. La donna rimase per lungo tempo alla corte di Ludovico Sforza, anche dopo il matrimonio di questo con Beatrice d’Este; venne infatti allontanata solo quando partorì il loro unico figlio: Cesare. Il suo successivo matrimonio con il Bergamino è stato voluto da Ludovico e sembra essere stata un’unione abbastanza serena. Di mia invenzione rimane quindi il rapimento del quadro ad opera del Bergamino, con le relative conseguenze. Giallo d’arte è stato uno dei miei primi concorsi, ha significato molto per me ed è stata una fantastica esperienza. Sarò sicuramente contentissima di partecipare anche alla prossima edizione, anzi … meglio iniziare a lavorarci immediatamente!

D. Eugenio Barone, vuoi fornire una chiave di lettura al tuo racconto “La fuga”, che in alcuni passaggi ho trovato un po’ ermetico?

R. Grazie per la bella domanda. Infatti, ad essere sincero, a distanza di tempo avrei probabilmente scritto in maniera un po’ diversa il racconto “La Fuga”. Ma come i grandi della letteratura insegnano - da Neruda a Calvino - un’opera non la si finisce mai del tutto: semplicemente la si abbandona, la si lascia crescere da sola; e io me ne sono distaccato quando aveva la forma che ha. L’ermetismo è ad ogni modo voluto. Avevo pochi assiomi quando decisi di partecipare a “Giallo d’ Arte 2011” e a questi ho fatto riferimento: volevo in primo luogo scrivere un thriller dal finale solo suggerito, dove potevano esserci più ‘colpevoli’, spetta poi al lettore dare la propria chiave di lettura e decidere chi è, in ultima istanza, il colpevole; o chi potrebbe essere, dal punto di vista del lettore, incolpato. Nel caso de “La Fuga” potrebbe essere il marito/musicista che scopre il tradimento della moglie con il suo migliore amico; o le anime che entrano in contatto con il mondo reale e vogliono preservare il loro mondo dagli uomini; o ancora, la manager/suocera del musicista in preda alla follia. Non ho voluto dare un finale chiaro, ma solo suggerire diversi finali possibili. Sul piano stilistico, ho voluto iniziare in medias res, continuare con il passato attraverso un flashback e, in pratica, ‘non finire’, come nella migliore tradizione degli ultimi venti anni dei thriller su carta stampata o su pellicola. Un altro assioma era il mio amore per Bach, così perfetto nella sua arte, e il mio amore per i luoghi ove vivo: Napoli e Londra, così affascinanti e misteriose nella loro imperfezione e nelle loro contraddizioni.

D. Erika Dong è l’altra vincitrice del concorso. “La Gioconda nei giardini del Louvre”, se devo essere sincero fino in fondo, non appaga pienamente la curiosità del lettore in quanto lascia un ampio margine d’incertezza sulla natura della somiglianza tra vittima e Monna Lisa. Era questo il tuo obiettivo?

R. Sì, era questo il mio obiettivo. Spero di non aver deluso nessuno scegliendo di concludere il racconto in questa maniera. Ogni giallo, per regola, dovrebbe terminare con la rivelazione dell'identità dell'assassino e la soluzione dell'enigma. Ho deciso di scrivere un giallo fuori dalle regole, che ha come tema centrale l'identità della vittima, e non quella del colpevole. Un giallo che, anziché sciogliere i dubbi del lettore nel finale, lo lascia libero di spaziare con la fantasia su quale sia, in realtà, il rapporto tra la donna morta e Monna Lisa.

D. Alessandra Zenarola ha scritto uno dei miei racconti preferiti (“L’ombra del girasole”), forse perché amo sia i Girasoli di Van Gogh, sia la città di Amsterdam. Ho trovato la tua storia molto inquietante. E profondamente triste. Ci racconti qualcosa sulla sua genesi?

R. Ti ringrazio per l’apprezzamento. E’ esistito davvero un viaggio ad Amsterdam tra amiche, alcuni anni fa, fortunatamente con un esito felice. Ricordo però che una di noi trascorse un’intera giornata al Museo imbambolata davanti ai quadri di Van Gogh, mentre le altre bivaccavano in birreria. Fu motivo di risate e prese in giro; però ripensandoci, visto il tema del concorso, mi ha dato il pretesto per raccontare una piccola storia. Triste, vero, un delitto però abbraccia sempre le parti più oscure di ognuno di noi, anche se ne siamo solo spettatori. Inoltre, forse inconsapevolmente, nel racconto emerge l’assurda smagliatura tra la ‘grandezza’ di una città che ti accoglie, di un’arte che colpisce al cuore, e musica, colori, persone amabili, e i sentimenti meschini delle due ragazze, icone di una profonda mancanza non solo di valori, ma anche di fantasia. Quando, in modo del tutto casuale, lessi del concorso (peraltro molto originale, direi unico), mi sembrò interessante descrivere, sia pure in poche righe, questa massiccia incapacità di uscire dal proprio mondo per guardare oltre. Una delle amiche di allora, ha letto il racconto. Ha riso parecchio, chissà perché…

D. Un artista come Franco Fasano non poteva mancare in questa raccolta. Franco ha scelto di descrivere, in modo agghiacciante, come può nascere un dipinto. Immagino che la tua poetica però sia un’altra …

R. Sì, sono senz'altro molto lontano dal pittore protagonista del mio racconto. Principalmente perché sono convinto che un artista figurativo che dipinge ritratti o figure debba cogliere, più che la somiglianza in sé, l'anima stessa del soggetto. Invece, per ciò che mi riguarda, il mio racconto è proprio caratterizzato dall'assenza di anima; quindi come poteva, il pittore del racconto, coglierne l'essenza?

D. Franco, come ti è venuta l’idea di scrivere “L’opera”?

R. L'idea di Giallo d'Arte mi stuzzicava parecchio e i fatti mi hanno dato ragione: era un'idea vincente. Però dopo qualche tempo ho realizzato che non riuscivo a collegare nessun'opera d'arte conosciuta a un evento degno di un "giallo". Quindi è nata l'idea di creare in diretta un'ipotetica opera d'arte, assolutamente inesistente, sentendomi così più libero di spaziare con la fantasia.

D. Laura Ganci ha scelto l’opera (ndr: “La sonnambula” di Bellini) per rappresentare alcuni delitti con tanto di colonna sonora in “Ma ravvivar l’amore il canto non può”. Come mai questa scelta?

R. Cercavo un’alternativa alle "solite" opere d'arte, sculture o opere pittoriche. Sinceramente ho avuto un po’ di difficoltà; poi all'improvviso, come per tutte le trovate geniali di noi comuni mortali, mi è apparsa quest’opera lirica del Bellini durante una mia ricerca, che con il concorso letterario non c'entrava nulla. “Un’eccellente alternativa!”, mi sono detta e allora … perché no?!? Dopotutto la Sonnambula non è un’opera d'arte? Ho provato e il lavoro che ne è uscito fuori mi è piaciuto. Legare la Sonnambula ai delitti di un folle, poi, mi è parso naturale. L'opera lirica ha in sé il tormento della gelosia: il protagonista manda a monte un matrimonio per colpa di un fazzoletto, la gelosia folle è il rovescio della medaglia dell'amore.

D. “Stella maris” è un racconto ottimamente costruito, con un’ambientazione unica (la vicenda si svolge a Ischia) e con fantastici riferimenti artistici. Massimiliano Campo, ci vuoi raccontare qualche curiosità sulle fonti d’ispirazione di questo bel racconto?

R. L'idea di "Stella maris" nasce due anni fa, dopo una breve vacanza trascorsa sull'isola verde con la mia famiglia. Alcuni luoghi di Ischia, ancora oggi misteriosi e ricchi di fascino, più le leggende tipiche di chi vive parzialmente isolato dal mondo, mi hanno indotto a creare una storia che sostanzialmente si presenta come un "giallo esoterico", ma che da indagine poliziesca si trasforma via via in un percorso di fede, che il protagonista (e, con lui, il lettore) è costretto suo malgrado a seguire. Un po' come avviene in "Signs" di Shyamalan, un film che si veste di fantascienza per parlare di redenzione e di perdono.

Rimandandovi alla seconda puntata dell’intervista, quella con le domande di Dirk Pitt, ringrazio gli autori per avermi risposto con entusiasmo e do loro appuntamento all’edizione 2012 del concorso.

Con il saluto di …

… Bruno Elpis

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