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La lucina di Antonio Moresco

coverQuella casa bianca che.

La lucina attira l’attenzione del narratore, un uomo che vive solo, in un borgo ormai disabitato: “Solo, quando il buio diventa ancora più fitto e si cominciano ad accendere le prime stelle, dall’altra parte di questa stretta gola a strapiombo, su un tratto più pianeggiante del crinale di fronte, incavato in mezzo ai boschi come una sella, ogni notte, ogni notte sempre alla stessa ora, si accende improvvisamente una lucina”

Attenzione che presto si traduce nella ricerca dei perché: “Che lucina sarà? Chi l’accenderà?”
Perché in certi momenti appare più grande, più intensa, e subito dopo sembra rimpicciolirsi fino a scomparire?”

 

Le ipotesi sono molteplici: “Non si capisce se è una luce che filtra da una finestra oppure un lampione basso, appeso a un cavo”. L’uomo pensa anche agli UFO: “Questa è una zona molto visitata dagli extraterrestri. Non ci sono basi militari, trasmettitori”. O a fenomeni naturali: “Qui siamo in una zona di faglia e si possono verificare fenomeni di geoluminescenza determinati da energia emessa dalla superficie terrestre”.

Un bel giorno, il narratore si decide: determinato a svelare il mistero, raggiunge la fonte luminosa.

Che è una “casina di pietra, poco più che un rudere che forse un tempo era stata una stalla con sopra un fienile”, abitata da “un bambino in calzonicini corti, con la testa rasata … La bocca aperta da cui spuntava un dentino rotto”. Il bimbo ha i suoi problemi: soffre di enuresi, è nictofobo (“Ho paura del buio”), ha un rendimento scolastico pessimo. Però è un ometto:  lava, stira, cucina, rigoverna, fa i compiti, prega. E frequenta una scuola ‘serale’ ove si compiono antichi riti: come quello dell’inchiostro da travasare nei calamai dei banchi.

Il dolore cosmico sembra pervadere una natura che interpreta – essa stessa – il dramma dell’uomo e che è fatto di sussulti tellurici, di incontri con gli animali (i tassi, un cane minaccioso, le rondini, i pipistrelli, le lucciole: “Da dove vi è scaturita quella piccola, disperata invenzione e quella lucina?”), di vegetazione invadente che intercala riti stagionali di vita e di morte.

Ne risulta una storia poetica, animata dalla dialettica tra sentimenti e disperazione umana, spettacoli e misteri naturali (“Che mondo è questo?”), solitudine cosmica e strutturale.

 

Antonio Moresco in questo romanzo, a parer mio,  stupisce il lettore più per la lirica del suo colloquio solipsista e per le immagini (la casina con la sua lucina mi ha ricordato “la casa bianca che … di terror li fa tremare” della cultura pop) che per la conclusione, in parte inaspettata, carica di angoscia esistenziale.

Bruno Elpis

http://www.qlibri.it/recensioni/romanzi-narrativa-italiana/discussions/review/id:34582/