Le recensioni di Bruno Elpis
Caligola. Impero e follia di Franco Forte (dialogando con l’autore)
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- Scritto da Bruno Elpis
“Caligola” è decisamente un personaggio: in letteratura ha ispirato penne come quella di Camus, che lo ha assunto in un’opera teatrale per simboleggiare la solitudine del potere (“Questo mondo così com'è fatto non è sopportabile. Ho bisogno della luna, o della felicità o dell'immortalità, di qualcosa che sia demente forse, ma che non sia di questo mondo”) e i paradossi della libertà (“Libero è solo chi è condannato a morte”); nella cinematografia ha ingaggiato un regista discusso e discutibile come Tinto Brass e la sceneggiatura di Gore Vidal per un film tanto censurato quanto travagliato tra sequestri e dissequestri.
D – In quale rapporto poni la tua opera con precedenti della letteratura e del cinema che abbiano avuto Caligola come protagonista? Come nasce la scelta di questo personaggio come protagonista del tuo nuovo romanzo?
Franco Forte – Naturalmente ho letto Camus e ho visto il “Caligula” di Tinto Brass (con un superbo Malcom McDowell, bisogna dirlo), e ho letto tutto quello che era stato scritto fino a oggi su questo imperatore tanto bistrattato quanto, ai miei occhi, interessante, per i suoi sprazzi di genialità e di follia. Quando mi sono reso conto che in fondo tutto questo materiale si rapportava a Caligola in modo “vecchio”, ovvero seguendo gli strali di autori antichi come Svetonio, che volevano solo denigrarlo e metterlo in ridicolo (perché il nemico principale di Caligola era l’aristocrazia romana, che ha combattuto e umiliato; quella stessa aristocrazia incensata da autori come Svetonio), ho provato a calarmi nel personaggio e a studiarlo a fondo, arrivando a comprendere la complessità della sua multiforme personalità. E dunque ho avuto voglia di raccontare Caligola ai lettori per quello che oggi si crede sia stato, in modo forse più veritiero e oggettivo: una persona in qualche modo disturbata, soprattutto a causa delle sue esperienze di vita, ma che aveva un obiettivo ben chiaro in mente: attaccare in tutti i modi quell’aristocrazia debole e corrotta che lui odiava, e metterla in ridicolo davanti a tutti.
“Caligola” torna tetragono (“I nostri nemici ce li creiamo da soli, e tu, princeps, sei il più grande nemico di te stesso”) ed egotista nelle pagine scritte da Franco Forte, uno degli autori più rappresentativi nel panorama del romanzo storico italiano. E vi torna in modo originale, travolgendo i cliché della follia, che culmina nella nomina del cavallo a senatore (“Nominerò Incitatus console, con la ratifica del Senato… Chissà se questi idioti capiranno… il significato di un’azione simile!”), e della crudeltà: stereotipi ai quali siamo soliti abbinare la figura del giovane, ambizioso imperatore.
D – Quanto studio implica la composizione di un’opera come “Caligola”? Quale è stata la sorpresa più inaspettata nella quale ti sei imbattuto nella fase preparatoria del romanzo?
Franco Forte – Le sorprese ci sono state a ogni piè sospinto, perché anch’io avevo un’idea “distorta” di Caligola, avendolo studiato a scuola e visto al cinema. Per cui, capire davvero le reali intenzioni di alcuni suoi gesti eclatanti, come quello della nomina del suo cavallo a Senatore (il cui significato era: se posso nominare senatore il mio cavallo, figurarsi in quale considerazione tengo gli uomini che siedono nella Curia di Roma), e decifrare passo dopo passo tutto il percorso che lo ha portato a diventare imperatore dopo che praticamente tutta la sua famiglia è stata sterminata, è stato lo sforzo maggiore. Mi sono serviti mesi di studio di tutte le fonti possibili, da quelle antiche a quelle moderne, fino a quando mi sono sentito libero di dare sfogo alla mia fantasia, che poi è quello che deve fare un narratore: annodare i fili della storia con le emozioni dei personaggi. E questa è stata la parte divertente.
Il primo modo per valicare lo stereotipo del Caligola consegnatoci da storici come Svetonio è quello di esplorare la sua vita fin dall’età infantile: per mettere in rilievo il mito del padre (“Lui era il figlio di Germanico, il più potente e acclamato generale di Roma”), l’infedeltà della madre (“Agrippina era in punta di piedi, le braccia avvinghiate al collo del gigantesco centurione, e lo stava baciando”), il contatto prematuro con il sesso negli incontri hot con i legionari Aurelio e Flavio, ai quali il piccolo di appena cinque anni procura schiave per ottenere in cambio lezioni di guerra, l’acerba esperienza della gestione del potere (“Deve essere insaccato”) e dell’omicidio (“Lemurico giaceva morto ai suoi piedi. Lo aveva ucciso lui. Il primo uomo a cui toglieva la vita… Gaio avvertì di non provare alcuna emozione”). Tutti elementi ed episodi che naturalmente incidono su personalità e carattere in formazione.
D – Nel tuo convincimento, quanto ha influito l’ambiente e quanto la natura nella personalità di Caligola?
Franco Forte – Entrambi questi elementi sono stati determinanti. Nascere in quel periodo, figlio di una donna come Agrippina Maggiore e di un generale come Germanico, appartenere alla dinastia Giulio-Claudia, avere come nonno e principale “competitor” un vecchio acido come Tiberio, veder scorrere accanto a sé persone come il feroce prefetto del Pretorio Seiano o il filosofo Seneca… be’, significa avere delle condizioni di vita difficili, molto complicate da gestire. E Caligola è stato bravo a capire qual’era l’arma di cui doveva dotarsi per vincere la sua battaglia e sopravvivere: la conoscenza. Le informazioni. Più di una spada, in un luogo come la Roma imperiale era importate stringere in pugno un potere basato sulla capacità di discernere tra nemici e alleati, e di sapersi muovere nei continui intrighi di palazzo che mietevano vittime a tutti i livelli. Lui c’è riuscito, con pazienza e tenacia, e questo lo ha salvato. Fino a quando, una volta diventato imperatore, non ha creduto di essere diventato davvero uno di quegli dei che lo avevano aiutato fino a quel momento.
Ma le tensioni di Caligola non si comprendono appieno, se non si penetrano gli influssi ambientali minacciosi e violenti (“Quasi ogni giorno venivano consegnate all’imperatore denunce di tradimento che si risolvevano in veloci processi e sommarie esecuzioni”) sotto i quali il giovane è costretto a crescere: lotte dinastiche per l’individuazione del successore di Tiberio, tradimenti (“Poteva fidarsi di Agrippina, dopo quello che aveva visto? Come aveva osato tradire Germanico con quel centurione, persino nel giorno della sua morte?”) familiari e non (“Giulia, moglie di Nerone e figlia di Claudia, nonché infida serpe nel seno della loro famiglia…”), ipocrisie, legami nei quali l’interesse è il principale, se non l’unico motore, avversari manifesti o mascherati, insidie e avvelenamenti (“La tua malattia è abbastanza strana… sì, credo che qualcuno abbia provato ad avvelenarti”)…
D – Il libro si apre con una citazione di Seneca (“? davvero potente chi ha il pieno controllo su se stesso, non sugli altri”). Il filosofo stoico è una figura che ricorre spesso nel romanzo (“Caligola cercò ancora lo sguardo di Seneca… forse si era rannicchiato in un angolo della Curia, sconvolto dalla rabbia e dalla consapevolezza di non poter fare niente per contrastare la sua ascesa…”), quasi a rappresentare un polo di razionalità da contrapporre a Caligola. Come si colloca l’uomo Franco Forte di fronte a questi due personaggi così diversi? E lo scrittore?
Franco Forte – L’uomo si pone in modo curioso, con la fame tipica del narratore di vedere riempiti i buchi lasciati dalla storiografia ufficiale. Lo scrittore raccoglie le pulsioni derivate da questa curiosità, studia a fondo, e poi tesse le trame narrative che vanno a cucire gli strappi della storia, costruendo un arazzo che, quanto meno, possa apparire coerente e plausibile. Che poi sia tutto vero o falso… questo non potrà mai dircelo nessuno.
In questo clima di estenuante diffidenza (“Mai fidarsi del nemico, né quando sorride, né quando ti chiede pietà o ti implora”) e sul terreno sdrucciolevole della politica, Caligola matura la convinzione che il possesso delle informazioni sia fondamentale e per questo si nasconde, si apposta, si aggira nelle tubature delle terme per origliare (“Ascoltare e assistere non visto agli incontri segreti dei nobili, dei liberti e dei servitori che si aggiravano nella villa di Tiberio…”) e per spiare persone sospette o nemiche.
Tra tante insidie, Caligola ha soltanto due punti di riferimento: la sorella Drusilla (“La loro stirpe discendeva direttamente dagli dei, dunque non c’era nulla di innaturale nel fatto che lui provasse attrazione per sua sorella, né che Drusilla avesse accolto dentro di sé il suo seme”) e il transessuale Micenio.
D – Nel romanzo la dimensione erotica è piuttosto importante. A quali fonti ti sei ispirato per ricostruire un’attività che sembra avere un ruolo predominante nella vitalità dell’imperatore?
Franco Forte – Basta andare a Pompei e dare un’occhiata ai dipinti alle pareti di tante ville romane, per capire quanto il sesso fosse un elemento preponderante nella vita dell’Urbe. E tutte le fonti, antiche e moderne, non fanno che elencare momenti di sesso, di passione, di eccesso; chi per condannare, chi per riportare fatti accaduti. In ogni caso, in quel tempo è chiaro che il sesso, ovvero stare a letto con una o più persone, significava poter mettere alla prova la fedeltà della gente, capire chi erano nella loro intimità. Un modo, per altro piacevole, per andare oltre la semplice socializzazione e penetrare a fondo nell’animo dei propri interlocutori. Facendo, a volte, delle incredibili scoperte.
Il libro scorre avvincente, divertendo per i continui capovolgimenti di fronte, intrigando per l’erotismo ambiguo (“Alternando l’impeto dell’amore romano con la passività di quello greco”), poliedrico (“Aveva goduto in ogni modo possibile delle combinazioni amorose che Drusilla e Micenio erano in grado di assicurare, grazie alla fantasia e all’audacia…”) e dalle tinte forti (“Voi due siete insaziabili, ma io mi sono appena rimesso da una lunga malattia”), proiettando nella parte finale i deliri, le manie di grandezza (“Eccole, finalmente. Per consentirti di andare da una sponda all’altra del lago camminando sulle acque, proprio come aveva fatto il Nazzareno”) e le atrocità di un despota che in pochi anni si avvicinò al modello orientale del sovrano da divinizzare (“Roma voleva un nuovo dio? Lui glielo avrebbe dato. Un dio armato di follia, di ferocia e di mille spade…”) con la proscinesi.
D – Quanto c’è di romanzato in questo libro? Come può il lettore – ammesso che ne abbia interesse – discernere la verità storica dalla fantasia letteraria?
Franco Forte – Di romanzato c’è pochissimo. E c’è tutto. Come ho detto, gli storici raccolgono i pezzi della storia e li dispongono su un grande tavolo, ma questi sono molto frammentari, non coincidono quasi mai. Il narratore prende questi pezzi e li lega fra loro con le trame della fantasia, lavorando sulle emozioni delle persone che hanno fatto la storia. Se dunque gli avvenimenti, le date principali, i fatti più eclatanti sono ben noti e si possono sfruttare a piene mani, è ovvio che ciò che pensavano e dicevano in quel tempo ci è sconosciuto, ed è proprio qui che si infila il narratore, per fare quel mestiere sporco da cui lo storico si tiene lontano: dare corpo e sostanza ai pensieri e alle parole dei protagonisti, all’interno di un ambiente costruito con i tasselli che la storiografia ufficiale ha raccolto per noi.
Bruno Elpis
Ringraziamo Franco Forte per le risposte che ci ha fornito su un romanzo che consigliamo a chiunque voglia divertirsi affondando la propria curiosità nella storia antica…
http://www.i-libri.com/libri/caligola-impero-e-follia-dialogando-con-lautore/