Le recensioni di Bruno Elpis
Made in Sweden di Anders Roslunf e Stefan Thunberg (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
“Made in Sweden” di Anders Roslunf e Stefan Thunberg è un altro capitolo dell’ormai sterminata produzioni di romanzi nordici a sfondo criminale.
L’opera propone in forma romanzata le tristi gesta di tre fratelli che negli anni ‘90 misero a segno un colpo dietro l’altro. Nel plot, Johan Alin e Lennart Sumonja si chiamano Leo, Felix e Vincent, e sono i figli di un immigrato slavo che rappresenta il loro precettore in una scuola di violenza che nella famiglia trova il proprio humus.
Con la complicità dell’amico Jasper, i tre fratelli s’impadroniscono di un arsenale militare, assaltano un portavalori (“Un trasporto valori a Farsta Centrum. Poco più di un milione. Armi automatiche, spari. Hanno sequestrato il furgone e l’hanno portato su una spiaggia a Sköndal. Altri spari; i rapinatori mascherati, due, hanno provato ad aprire il portello blindato”), rapinano banche…
I narratori cercano di contestualizzare l’istinto criminale dei protagonisti: in un infanzia nella quale predomina la figura di Ivan, padre violento che li educa alla visione di un mondo ove “homo homini lupus”; in un ambiente imbevuto di timori e pregiudizi xenofobi; in una concezione difensiva dell’individualità che ben presto si trasforma in aggressività.
Un po’ come “… la danza dell’orso, Leo. Per prima cosa scegli l’orso più grande e lo colpisci sul muso: gli altri si mettono a correre. Balla e colpisci, balla e colpisci! Devi danzargli attorno e devi andare a segno, può sembrarti una cosa da niente ma lo sfiancherai, e quando sarà stordito e impaurito, colpisci di nuovo. Puoi sconfiggere l’orso, basta saltellare e colpire nel punto giusto.”
Ma John Broncks, il commissario incaricato delle indagini, è uomo attento, pronto a cogliere ogni indizio per individuare la pericolosa simbiosi che sta alla base dell’operato della banda.
Il romanzo è enciclopedico per mole e dovizia di particolari, ma nel lettore rimane la sensazione del “nihil sub sole novi”.
Bruno Elpis