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Il caso di Charles Dexter Ward di Howard P. Lovecraft (qlibri)

coverInoculazione ritualistica 

“Il caso di Charles Dexter Ward” è, a parer mio, il capolavorodi Howard P. Lovecraft. 

La storia del giovane studioso (dalla prefazione: “In numerosi racconti di Lovecraft, il protagonista - sempre identico: di genere maschile, colto, di buone maniere, quasi totalmente disinteressato all’altro sesso - finisce per essere risucchiato nella dimensione parallela…”), ritenuto pazzo dalle “analisi condotte dagli alienisti” e per questo prima assistito, poi recluso (“In base alle testimonianze di altri e in forza di molte lacune abnormi nell’assortimento delle sue nozioni… si era arrivati alla decisione di recluderlo”) e infine transfuga (“La fuga stessa è uno dei prodigi non spiegati dall’ospedale del Dr Waite. Una finestra aperta su uno strapiombo di venti metri poteva difficilmente costituire una spiegazione…”), che si intestardisce sullo studio (“Charles Ward era appassionato di antichità fin dall’infanzia”) di documenti segreti (“All’improvviso i suoi interessi mutarono dallo studio del passato allo studio dell’occulto ed egli si rifiutò di sostenere gli esami di qualificazione per l’università”), formule (“Un monogramma era stato accuratamente cancellato da un battiporta d’ottone”) e rituali (“Un simbolo arcaico, chiamato Testa del Drago, usato negli almanacchi per indicare il nodo ascendente, e… la Coda del Drago, o nodo discendente”) in grado di riportare in vita un antenato - Joseph Curwen - dedito a pratiche tanto orrende (“Il carico consisteva quasi completamente in scatole e casse di cui una gran parte era rettangolare e pesante e somigliava in modo preoccupante a delle bare”) quanto occulte (“Quelle marchiature delle streghe che si riteneva venissero inflitte durante certe morbose riunioni notturne in luoghi selvatici e solitari"), ha catturato la mia parte più arcana.

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Due bottiglie nere

coverTwo black bottles” è la revisione operata a un racconto di Wilfred Blanch Talman, giornalista conosciuto da Lovecraft a New York.
Il racconto indulge all’occultismo e ha per protagonista un aspirante erede.
Il nipote del vecchio pastore Vanderhoof si reca infatti nel tetro villaggio di Daalbergen per impossessarsi del patrimonio dello zio. L’avente diritto ha però molte incertezze, e una sola sicurezza: “Il fatto è che non sono sicuro che mio zio sia morto, mentre sono certo che non dimori più su questa terra”.
La chiave per risolvere il mistero dell’inquietudine dello scomparso (e ritornante) pastore sembra possederla il sagrestano Abel Foster. Uno strano personaggio, sinistro quanto basta e, per di più, iettatore: “Non molto tempo dopo che Foster era diventato, a suo modo, un’istituzione nel villaggio, erano cominciate le calamità”.

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Cieco, sordo e muto

coverDeaf, dumb and blind” è l’ultima “revisione” – dopo “Ceneri”, “Il divoratore di spettri” e “I cari estinti” - a un racconto dell’aspirante scrittore Clifford M. Eddy.
In questa storia gli autori indagano sulle amplificazioni emotive determinate da uno stato di minorità. Perché cosa  è peggio dell’orrore, se non che l’orrore venga inflitto a una persona inerme?
Soggetto dell’accanimento è infatti il poeta Richard Blake: “partito per la guerra con nervi e sensi all’erta, ne era tornato nello stato” di semiparalizzato, cieco, sordo e muto; è ”un uomo rimasto solo e indifeso alla mercé di forze che nessun vedente e udente ha mai osato affrontare”.
Come spesso accade, le persone menomate nei sensi sviluppano straordinarie sensibilità alternative: Richard è dotato di straordinaria capacità visionaria, che gli fa percepire una presenza: “Qualcosa … qualcuno si trova nella stanza! Sono talmente sicuro di non essere più solo che è come se potessi vedere la presenza che avverto”.

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I cari estinti

coverAnche “The loved dead” – come “Ceneri” e  “Il divoratore di spettri” - è la revisione operata da H.P. Lovecraft su una composizione di Clifford M. Eddy.
Quando il racconto vide la luce, la rivista che lo pubblicava fu sequestrata:  con “I cari estinti” Lovecraft affronta infatti in modo esplicito e senza mezzi termini il tema della necrofilia.
La loro vicinanza comunica al mio spirito brividi di piacere, fa scorrere il sangue stagnante nelle vene e battere d’ebbrezza frenetica il mio torpido cuore: la presenza della morte per me è vita”.
Il protagonista è un essere maledetto e solitario: “Rigorosamente ascetico, diafano, pallido, di statura inferiore alla media, soggetto a prolungate crisi di morbosa ipocondria …”. Si accorge della sua insana propensione durante il funerale del nonno: “Fu quella … la mia iniziazione ai riti solenni del trapasso”.
Da questo esordio, nel quale comincia ad affiorare la coscienza di un’inclinazione spiccata per il macabro, è tutto un crescendo nella perversione e nella consapevolezza che “in seguito a una maledizione vera e propria la mia vita traeva la sua forza dalla morte”.

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