La recensione di Laura Poletti a "Il carnevale dei delitti"
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- Scritto da Laura Poletti
Un misterioso assassino uccide donne e poi copre loro il volto con maschere sempre diverse. Si tratta di un caso oppure c’è un preciso disegno dietro alla scia di sangue che si dipana per il Nord Italia?
Sarà il commissario Giordan, che si occupa delle indagini sulla prima vittima, ritrovata con il volto coperto dalla Bautta, un’antica maschera veneziana, su una spiaggia affacciata sul lago di Como, a dare la caccia all’assassino: una caccia che non sarà solo fisica, alla ricerca di un filo che colleghi luoghi e vittime sempre diversi, ma soprattutto mentale.
Bruno Elpis ci guida nella mente di un assassino, lasciando spesso allo stesso killer il compito di narratore, una figura senza volto, ma caratterizzata di volta in volta dalla diversa maschera che impone alla vittima di turno. E nello stesso tempo ci aiuta a seguire passo passo il percorso del cacciatore, un investigatore che non si serve di nuove e mirabolanti tecnologie per arrivare al colpevole, ma che si trova costretto ad affrontare la strada più difficile, quella di sondare la mente del nemico sconosciuto, e costruire l’indagine basandosi sull’unico labile collegamento rappresentato dalle maschere che l’assassino lascia sulle vittime. In questo complicato gioco il commissario Giordan ha due ottimi alleati: la giovane nipote Gabriella, che con il suo acume e la sua fresca intelligenza è in grado di offrire spunti interessanti in grado di far ripartire l’indagine nei momenti in cui sembra brancolare nel buio, e la pesca al lavarello sulle sponde del lago di Como, attività cui il commissario si dedica con passione, nonostante spesso i pesci, tipici pesci di lago, gli sfuggano con la stessa abilità con cui gli sfugge l’assassino delle maschere, sempre un passo avanti agli investigatori. Ma il commissario Giordan non è tipo da arrendersi facilmente e come ogni buon pescatore utilizzerà tutta la sua abilità ed esperienza per arrivare alla sua preda. Per chi ama il giallo classico il romanzo di Bruno Elpis si dimostra una sorpresa molto gradita: nessun roboante ritrovato scientifico, poca azione adrenalinca tipica dei thriller, ma uno studio attento dei personaggi, dei loro modi di essere, di lavorare, dei loro rapporti con gli altri e dei processi che li conducono a compiere determinate azioni, accompagnato da una cura altrettanto attenta alle descrizioni degli ambienti in cui il romanzo si svolge, che non rappresentano semplicemente il “contenitore” della storia, ma che hanno una valenza importante nel dare il giusto spessore alla narrazione e nel ricreare un mondo in cui il lettore può entrare, guardarsi intorno e sentirsi immerso nel vivo del romanzo.
La struttura della narrazione, che alterna sapientemente il punto di vista del commissario Giordan e quello del killer, contribuisce a tenere alto il ritmo narrativo, e le parti più riflessive del testo, in cui viene illustrata l’origine delle maschere o la tecnica della pesca, svolgono la funzione di allentare per poche pagine la tensione, senza però annoiare il lettore, ma tenendo sempre desta la sua attenzione. Come nei migliori gialli tutti questi ingredienti, mischiati con grande abilità dall’autore, fanno sì che diventi molto difficile staccarsi dal libro dopo averlo iniziato a leggere: un esordio veramente coi fiocchi di un autore dotato di una tecnica matura e di una grande capacità di raccontare storie originali e interessanti.
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