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Le recensioni di Bruno Elpis

Pao Pao di Pier Vittorio Tondelli (qlibri)

coverSentimenti e occasioni

Nel 2005 il regista Ange Lee, con il film “I segreti di Brokeback Mountain”, sdogana un cliché americano e racconta la drammatica passione amorosa tra due cowboy del Wyoming. La storia – tratta da un racconto di Annie Proulx – è ambientata nelle zone rurali e montuose ove imperversa la mentalità più conservatrice degli anni sessanta. Il film ottiene successo di pubblico e numerosi riconoscimenti: dal Leone d’Oro a tre Oscar.
Operazione analoga ha in fondo compiuto Pier Vittorio Tondelli nel 1982 in “Pao Pao”, opera che annienta lo stereotipo del militare integro e virile pur raccontando “una storia di soldati, di gente alta e bella, di eroi da romanzo, impervi, granitici e sublimi”. Una storia di esperienze giovanili ove trova ampio spazio il sentimento: “L’amore è come un dono degli dei che si muove sulle ali del vento sempre inafferrabile e sempre inseguito”. 

 

Il protagonista di Pao Pao attraversa le fasi canoniche che caratterizzavano il periodo della leva, quando questa era obbligatoria: l’incognita più o meno reale per destinazione e incarico (“… Sapevo già non solo la mia destinazione definitiva, ma anche l’incarico e il ruolo che avrei svolto sotto leva … Starsene in un Car è abbastanza un privilegio perché non si fanno campi armati ed esercitazioni in tenda, e insomma non si è reparto operativo …”), in un sistema dominato da meccanismi tutti italiani (“storie di un’Italia policlinica e poliambulatoriale, certificati su certificati, e io raccolgo, schedo, istruisco, compilo …”) ove si consumava il sacrificio variamente vissuto di un anno di vita.

Irrituale e originale è l’atteggiamento del giovane militare: sensibile al fascino dei luoghi (“Mi aprirò dunque e mi distenderò a questo panorama umbro, alla macchia che attacca le colline, ai boschi; mi allargherò in questi sguardi dall’alto che danno pace e senso e finalmente quel lungo e lieve respiro di cervello che conferma la tua presenza al mondo, che suggerisce qui, ora, finalmente ci sei”), ne interpreta stimoli e fascino in chiave personale (“Ho anch’io la mia storia, i miei sedimenti e i miei territori d’affetto. Non avrei mai pensato che il servizio militare … si insinuasse nella mia esistenza …”), affrontando la vastità degli incontri (“nella piazza d’armi che smista verso altre storie tutti i miei amici, io sento in pieno questa precarietà degli affetti e della vita … questo essere in balia di trasferimenti e ordini e comandi …”) che l’esperienza totalizzante e collegiale riserva: “… i vecchi equilibri sono del tutto saltati e … ora sei una persona diversa in cerca di alleati, alla disperata ricerca di ragazzi che abbiano il tuo stesso odore.”

L’anno trascorso prima a Orvieto e poi a Roma è una babele di personaggi (“piccolissimo e storto nella gambe e nel viso, Magico Alvermann somigliantissimo a Marty Feldmann per via degli occhietti tondi … corpo piccolo molto Hobbit della terra di mezzo …”), un’esplosione di vitalità (“nelle libere uscite … noi schiamazzanti e urlanti come quel giorno al lago di Bolsena …”), una varietà di situazioni anche estreme (“Faceva canne meravigliose e imponenti con filtri lunghi dai trenta ai quaranta centimetri tanto che a fumarli sembrava di star lì a suonare le trombe di Gerico perché il fumo arrivava talmente forte e talmente in blocco che rimanevi sotto choc per dieci minuti buoni”) che oscillano tra ritualità (“senza mai per un attimo accorgerci che quello era già un passato e un rito…”), obblighi imposti (“a far continue guardie all’Altare della Patria e tutti quei santini e quelle madonnine lì che han bisogno dei suoi vent’anni per tirare avanti”), eventi di cronaca nera (“…la stazione di Bologna è saltata… Il fatto di Bologna con quelle cento e più storie distrutte ci atterrì…”), impegni civili (“i miei amici, tutti spediti al Sud a spalare macerie e rivoltare i cadaveri del sisma del ventitré novembre”).

Perché questo era l’anno del militare di leva: non un servizio irrigidito da regole e protocolli marziali, ma una convergenza di vite (“Ma le occasioni della vita stupiscono mai abbastanza nella loro frammentarietà che poi un bel giorno si salda in una sottile e delicata vibrazione che ricorda e riannoda e uniforma il tono di diversi percorsi …”), un ventaglio di occasioni (“Ma le occasioni della vita stupiscono mai abbastanza nella loro frammentarietà che poi in un attimo si salda e poi, un attimo dopo, svanisce inghiottita dall’insensato ritmo delle ore e dei giorni”) nell’incertezza esistenziale (“Le occasioni della vita sono infinite e le loro armonie si schiudono ogni tanto a dar sollievo a questo nostro pauroso vagare per sentieri che non conosciamo”) di stati e prospettive.

Bruno Elpis

http://www.qlibri.it/narrativa-italiana/romanzi/pao-pao/